lunedì 19 febbraio 2018

#MOSQUITO / Scuola, figli e madri (Matteo Bussola)

Vado ai colloqui con le insegnanti di Virginia, chiedo chi è l'ultimo e mi siedo nell'unico posto libero, lontano dalla porta e vicino a quella della classe accanto. A breve distanza ci sono due mamme che parlano, quella castana la conosco di vista ma quando l'ho guardata non ha ricambiato il mio saluto. Forse non si ricorda di me, oppure è solo persa nei suoi pensieri. È vestita e truccata benissimo, ha i tacchi alti, sembra che debba partecipare a un gran gala. Lì per lì mi viene da sorridere, non sarebbe la prima volta che vedo un genitore tirarsi a lucido per parlare con le maestre. 
Poi afferrò uno scampolo della sua discussione con un'altra mamma.
- Così gli scrivo una giustificazione. 
- Ogni sera? 
- Ogni sera. E cosa dovrei fare? Io arrivo a casa alle nove, mica vado a ballare, esco per ultima dalle riunioni. Secondo loro dovrei buttarlo giù dal letto per chiedergli di farmi vedere i compiti?
- Ma scusa, e tua mamma cosa dice?
- Lui, mia mamma, la intorta come vuole. Le dice che i compiti lì ha fatti e lei gli crede. Poi il giorno dopo mi torna a casa con una nota.
- E per evitare le note tu gli fai una giustificazione ogni sera?
- Certo! E quelle mi contestano le giustificazioni! Ma io vado dal dirigente e vedi come le metto a posto! 
- Se vai dal dirigente poi ti fanno la guerra. 
- Me la stanno già facendo. 
- Ma tu lo hai spiegato, alle maestre, che tuo marito non c'è e che sei via tutto il giorno? 
- Tanto quelle pensano che sia colpa mia. Dicono che lui non fa i compiti perché VUOLE prendere le note, e le vuole prendere per attirare la mia attenzione. Non lo dicono, ma sottointendono che io sia una cattiva madre.
Si sporge verso l'altra mamma, vedo benissimo che sotto il trucco ha delle occhiaie profonde. Riconosco quel genere di stanchezza senza speranza. 
- Io lavoro. Non faccio altro, lavoro. E visto che sono la responsabile non me li posso prendere i permessi per fargli fare i compiti, non in questo periodo, non è possibile. E loro a dirmi che anche loro lavorano, e che pure il bambino deve lavorare. 
Non glie ne frega niente dei miei problemi. 
La porta si apre, si affaccia una maestra sorridente. Incrocia lo sguardo con la mamma castana, smette di sorridere. La mamma si alza, entra, la porta si chiude.
Solo allora mi accorgo che sulla sedia è rimasto seduto il figlio, sta giocando col cellulare. Ha sentito l'intero discorso della madre. Ha la fronte aggrottata e la bocca tesa.
Forse è solo molto impegno nel gioco.
Forse no.

*** Matteo BUSSOLA, 1971, scrittore, fumettista, conduttore radiofonico, Sono puri i loro sogni, Einaudi, 2017.
Segnalato da Valentina Marroni, facebook, qui


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