mercoledì 28 febbraio 2018

#CIT / La vita delle persone (Clemente Serna González)

citazione da Stefano Andreoli, psicoanalista
Vuoto, solitudine, silenzio, qui

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#VIDEO #MUSICA / Suonando un opsilon handpan (Kate Stone)


Kate STONE
artista musicale
Urban, il suono di un Opsilon Handpan
video, 3min14

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#BREVITER / Chissà se una volta morto (Luca Fois)

facebook, 6 novembre 2017, qui

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#SPOT / Oggi fai qualcosa (Monica Orma)

Monica Orma
psicologa, psicoterapeuta
(facebook, 19 febbraio 2016, qui)

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#SGUARDI POIETICI / Sei sempre stata tu (Gio Evan)

sei sempre stata tu 
tra i due
il poeta,
sempre stata tu 
a scorgere per prima
la bellezza

della neve hai sempre amato
la sua poca puntualità
e il suo sorprenderci sempre
la meraviglia di dover cambiare piano
al momento
di cambiare progetti al volo
di lasciare la macchina a riposo 
e di farsi tutta la città a piedi
la giocosità che invade l'aria 
la guerra di palle di neve
i pupazzi 
lo slittino
sdraiarsi a fare l'angelo 
e far finta di fumare
ad ogni respiro

e ogni volta mi dici
che bella, sta disinfettando il paese,
che bella, le montagne saranno felici,
che bella, ci ricorda la preziosità del silenzio

sei sempre stata tu
tra i due 
il poeta,
io con la neve 
ci vedo solo netflix
e noi due a letto, 
fino a primavera.

*** Gio EVAN (Giovanni Giancaspro), 1988, scrittore e poeta, umorista, performer, cantautore, artista di strada, Sei sempre stata tu, 'facebook, 27 febbraio 2018
http://www.gioevan.it/biografia/


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#VIGNETTE / Neve, l'Italia in palla (Nico Pillinini)

Nico PILLININI, 1951
disegnatore, pittore, giornalista
(via facebook, 27 febbraio 2018, qui)

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#SENZA_TAGLI / No alla violenza, lettera di una mamma ai centri sociali (Fausta Carletti)

Cari ragazzi, state cadendo nella trappola che vi stanno tendendo, anche con questa orrenda campagna elettorale, state diventando quelli della ‘guerriglia urbana e basta’ e vi stanno mettendo sulla stessa bilancia dei gruppi nazifasci, senza nessuna differenza. Voi non siete questo, non siete violenza. 

Quello che dovete portare in piazza non sono le bombe carta, ma quello che fate nei vostri territori, nei vostri luoghi di aggregazione e cioè la musica, il teatro, i libri, i mercatini bio, le scuole di musica popolari, le squadre di calcio dei migranti, gli aiuti ai terremotati, l’indignazione e l’aiuto ai migranti nelle frontiere, l'indignazione e il sostegno alle migliaia di morti civili, molti di loro bambini, in Siria e in tutte le guerre e... tanto altro.

È questo che dovete portare in piazza, quel lavoro che nessuno vede o non vuole vedere. Non sono giovane, mi ricordo il '77, ero appena adolescente, e ora provo la stessa ansia e angoscia, quella stessa sensazione tremenda che provavo quando Giorgiana Masi, Walter Rossi, Francesco Lorusso hanno perso le loro vite, come per coloro uccisi per mano dei fascisti, quel senso di disgusto, paura misto ad impotenza.

Non voglio che ritorni quel periodo, non voglio che si ricomincino a bruciare i vostri luoghi, riinizino le faide, gli anni di piombo. Antifascisti, antirazzisti, antisessisti si può e si deve, ma senza violenza. Purtroppo stanno utilizzando i nostri soldi con eserciti antisommossa, non per difendere la democrazia, ma per difendere un gruppuscolo di neofascisti illegali, calpestando la legge Scelba e anche per questo la rabbia sale.

Noi siamo tanti ma, in questo modo, stiamo dando troppa voce e visibilità a dei gruppetti che non sono comunque da sottovalutare. Fra qualche mese inizierà il processo ad alcuni ragazzi, tra cui mio figlio, per i tafferugli successi ad un comizio di Salvini, all’epoca il Salvini che andava predicando l’amore per le ruspe e l’odio per i campi rom da bruciare. Erano una trentina di ragazzi inermi e sono stati caricati. Ma il 10 febbraio io e la mia famiglia abbiamo sfilato pacificamente a Macerata, dove l'atmosfera era quella della condivisione, della bellezza, del rispetto reciproco che mai dobbiamo perdere di vista. Perché è questo che ho sempre insegnato ai miei figli, il rispetto per l’altro, l’aiuto ai più deboli e bisognosi e un forte senso di giustizia contro tutte le mafie. Forse queste cose non fanno da tempo o da sempre parte di questa società ma sono le stesse che voi condividete e per questo mi sento di dirvi di cercare di fermare questa spirale di violenza e manifestate/manifestiamo pacificamente... le vostre vite valgono di più. 

Una mamma-cittadina antifascista, antirazzista, antisessista preoccupata.

*** Fausta CARLETTI, “Aiutate a fermare la violenza”. Lettera aperta ai centri sociali, 'MicroMega online', 27 febbraio 2018, qui


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#RITAGLI / Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo (Sandro Pertini)

Dicono che un partito moderno si deve 'adeguare'. Ma adeguare a che cosa, santa Madonna? Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo. Meglio allora il partito non adeguato e poco moderno. Meglio il nostro vecchio partito clandestino, senza sedi al neon, senza segretarie dalle gambe lunghe e dalle unghie ultralaccate, che alle prime elezioni del dopoguerra si colloca come il secondo partito italiano. 

[D: Che cosa ha suggerito ai suoi amici socialisti?]
Dobbiamo tagliarci il bubbone da soli e subito. Non basta il borotalco a guarire una piaga. Ci sono i ladri, gli imbroglioni? Bene, facciamo i nomi e affidiamoli al magistrato. 

[D: Hanno mai provato a corrompere lei?] 
Le racconto questa: un tempo sono stato segretario del partito. Mi telefona un compagno deputato anche lui. Dice: ' Senti, Sandro, c' è un mio amico di Napoli, costruttore, avrebbe bisogno di un tuo consiglio, vedi se lo puoi aiutare...' . 
Viene il compagno di Napoli. Lei sa come sono i costruttori, specie napoletani: hanno un modo di infiorare le cose, che ti sembra di aver la casa davanti, mentre non ci sono neanche le fondamenta.
Alla fine mi butta questa proposta: 'Ascolta, compagno, se mi fai avere l' appalto, ci sono dieci milioni per te e per il partito...' . 
Allora mi alzo, e dico: 'Sei un mascalzone, compagno, fuori di qua' . 
Il costruttore mi guarda: ' Tu mi offendi' , protesta. 
'Naturale. E se non te ne vai, chiamo le guardie e ti faccio arrestare. Fuori!'. 

*** Sandro PERTINI, 1896-1990, 7^ Presidente della Repubblica (1978-1985), intervistato da Nantas Salvalaggio, 'Domenica del Corriere', 10 marzo del 1974, citato in 'la Repubblica', Quando Pertini disse: "Pulizia o pianto tutto", 8 aprile 1993, qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Sandro_Pertini

lapide, Ariccia, Roma

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martedì 27 febbraio 2018

#HUMOR / Stamattina devo tenere lezione alla prima ora (Bruno Abietti)

facebook, Bruno Abietti, 22 febbraio 2018, qui

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#BREVITER / La corsa di Berlusconi (Miguel Mosé)

facebook, spinoza.it, 26 febbraio 2018, qui

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#FOTO / Siria, la guerra contro i bambini

 
repubblica.it, 24 febbraio 2018, qui 

Siria, Goutha.
Più di 2.500 feriti e oltre 520 morti in cinque giorni. 
Molte delle vittime sono donne e bambini.

E noi qui.
Per lo più indifferenti.
Pochi indignati (non costa nulla).
Comunque impotenti.
A parlare di Berlusconi, Di Maio, Meloni, Renzi, Salvini e del voto del 4 marzo. (mf)

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#CIT / Incontro (Aldo Carotenuto)

Aldo CAROTENUTO, 1933-2005
psicoanalista di matrice junghiana, docente universitario e saggista 
da L'anima delle donne, Bompiani, 2004
segnalato in 'aforismario.net', qui


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#SGUARDI POIETICI / Lieto fine (Daria Menicanti)

C’era una volta che mi innamorai
di uno sino a conviverci.
Ma lui cercava una perpetua rissa
e applausi femminili al suo nome
e l’affannata attesa per ognuno dei suoi ambiti ritorni.
Ora il suo battelletto se n’è andato
lontano. In compagnia di un dappoco
oggi mi annoio. Eh, sì:
meravigliosamente mi annoio.

*** Daria MENICANTI, 1914-1995, poetessa, insegnante, traduttrice, Lieto fine, da Il concerto del grillo, Mimesis, 2013, segnalato in 'quotidiano.net', 16 aprile 2016, qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Daria_Menicanti


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#SENZA_TAGLI / 4 marzo, peggio, più peggio, peggissimo (Paolo Flores d'Arcais)

Troppi dicono che domenica 4 marzo l’unica sarà votare il meno peggio. Ottimisti. Alle urne un democratico potrà scegliere tra il peggio, il più peggio, il peggissimo. O per maggiore precisione filologica: tra lo schifo, il più schifo, lo schifissimo.

Il Movimento 5 stelle fa schifo. Il rosario delle evidenze avrebbe più grani di quello delle beghine (del resto Di Maio biascica di peggio quando va a baciare la superstiziosa ampolla di un santo mai esistito, con tanto di salamelecchi al cardinale). La cartina di tornasole è la moltiplicazione dei candidati immondi e perciò espulsi. Vuol dire che demenziale, o peggio, è il sistema di selezione dei candidati. Peggio, perché scegliere attraverso un casting di tre minuti di video autoincensatori e successivi clic di “like” (talvolta poche decine per diventare sindaco di una città di medie dimensioni) significa piegarsi a quanto di più antidemocratico e di meno meritocratico, di più corrivo verso la politica spettacolo, ulteriormente degradata a finzione pura. E fermiamoci qui.

Che la destra di Berlusconi Salvini Meloni faccia schifissimo, se prendiamo minimamente in considerazione la Costituzione, cioè il patto solenne che ci rende concittadini anziche homines hominibus lupi, è dimostrabile per tabulas e per quotidiane scelleratezze politiche. Ormai il razzismo è incensato a senso comune, e Macerata farà scuola, e si sognano ulteriori diseguaglianze e degradi sociali, culturali, ambientali, con flat tax e condoni edilizi e fiscali.

Il sistema planetario renziano, con i zero virgola Lorenzin e prodiani e la mistificazione pluridecennale Bonino (per cascarci ancora si deve avere una golosità inossidabile, ossessiva, inguaribile, per le fette di Parma sugli occhi e la cera di Ulisse nelle orecchie), per non parlare dello specchietto per allodole Gentiloni, merita il “più schifo” per tutto quanto ha fatto e ha omesso: ha realizzato su (in)giustizia, (dis)informazione e umiliazione del lavoro quanto Berlusconi ha tentato con intimidazioni e fanfare riuscendovi però con frustrante (per lui e l’establishment) parzialità.

Stavo dimenticando Liberi e Uguali, e sarebbe ingeneroso. Bisognerà allora ricordare che D’Alema è stato la “sinistra” dell’inciucio, Vendola quella del lingua in bocca telefonico con Girolamo Archinà braccio destro dei Riva (Ilva di Taranto), e Pietro Grasso il magistrato che a Palermo si scontrava quasi sistematicamente con Gian Carlo Caselli e i suoi “allievi” Scarpinato e Lo Forte sul processo Andreotti (si legga ora l’irrinunciabile libro di Caselli e Lo Forte edito da Laterza). E sarebbe diventato Procuratore nazionale antimafia grazie a una legge berlusconiana ad personam (anzi contra) che escludeva Caselli, salvo rispondere, anni dopo e già in sella, alle critiche di Travaglio sospirando che quella legge era proprio brutta. Meglio non infierire.

Ciascuno perciò deciderà cosa tra schifo, più schifo e schifissimo preferirà. Non votare, o annullare il voto, dal punto di vista dei risultati è infatti impossibile. Costituisce solo autoinganno e autoillusione. Il non voto non fa che sanzionare la distribuzione dei saggi secondo quanto stabilito dai voti degli altri cittadini. Il non voto è dunque il conformismo per eccellenza, funzionalmente equivale a dare oltre un terzo della propria scheda a Berlusconi Salvini Meloni, un po’ meno di un terzo a Di Maio e un quinto a Renzi e satelliti. Se a qualcuno piace dare questo voto, decida pure di non votare o annullare la scheda. Chi poi si immagina che un alto tasso di astensioni possa preoccupare l’establishment e i partiti ha mente più fervida dell’hidalgo coi mulini a vento.

L’establishment, ecco un punto che potrebbe spingere a decidersi tra peggio più peggio e peggissimo. Le destre di Berlusconi e Salvini e la destra di Renzi Gentiloni e Bonino sono l’establishment. Il Movimento 5 Stelle no, o per essere più lucidi non ancora, non sempre (a Roma la giunta Raggi è ormai l’ennesima giunta dei palazzinari, vedi il documentatissimo libro dell’architetto Paolo Berdini). Per il momento sono una pietra d’inciampo per l’establishment, più sono i voti pentastellati e minore per l’establishment la tanto concupita stabilità. 

In realtà un voto che si sottrae allo schifo ci sarebbe, anche se con programmi claudicanti e ideologia contraddittoria. Potere al Popolo. Con l’attuale sistema elettorale e la non copertura mediatica è pressoché certo che non arriverebbe al quorum, dunque funzionalmente equivarrebbe al non voto. Tuttavia se è un miracolo il san Gennaro ossequiato da Di Maio potrebbe succedere anche questo. E uscire dalla cabina elettorale senza conati di vomito non è indifferente alla salubrità dell’esistenza.

“Questo voto è una scelta di campo”, ha tuonato l’innocuo Gentiloni. In effetti: tra establishment e non. Tra il certissimamente certo dello schifo che abbiamo vissuto da un quarto di secolo e l’incertezza, il rischio, l’azzardo, l’incognita, l’alea. Il peggissimo o il peggio. 

*** Paolo FLORES D'ARCAIS, 1944, filosofo, saggista, direttore di 'MicroMega', 4 marzo: al voto tra peggio, più peggio e peggissimo, 'MicroMega online', 25 febbraio 2018, qui


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#VIGNETTE / Il voto dei giovani (Natangelo)

NATANGELO, 1985
'Il Fatto Quotidiano', 26 febbraio 2018, qui

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#SENZA_TAGLI / Il 'diritto di bacio', nella Roma antica (focus.it)

Lo “ius osculi”, cioè il “diritto di bacio”, era un’usanza introdotta dal diritto romano secondo cui una donna baciava ogni giorno sulla bocca il marito, il padre e il fratello.

Il gesto, solo apparentemente affettuoso, consentiva ai maschi di famiglia di “saggiarne” l’alito per controllare che non avesse bevuto vino, violando un’antica legge che equiparava il bere alcolici per una donna all’infamia e all’adulterio, ed era perciò punibile con la morte.

La matrona sorpresa a bere vino poteva essere ripudiata o uccisa dal marito, col consenso dei più stretti congiunti. Il divieto valeva per le donne honestae e non per le malfamate probrosae, cioè attrici, ballerine, cameriere di taverna.

Il motivo? Le proprietà anticoncezionali e abortive attribuite al vino puro e soprattutto il nesso tra ubriachezza e sessualità: “Qualunque donna sia smodatamente avida di vino chiude la porta alla virtù e la apre ai vizi”, scriveva lo storico Valerio Massimo nel I sec. a.C.

*** focus.it, Che cos'era il 'diritto di bacio' nell'antica Roma?, 26 febbraio 2018, qui

Mosaico Villa Romana, Casale Piazza Armerina, Roma

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lunedì 26 febbraio 2018

#CIT / Camminarci dentro (Stefano Benni)

Stefano BENNI, 1947
scrittore, poeta
 facebook, 21 febbraio 2018, qui
da Stefano Benni, Saltatempo, Feltrinelli, 2001

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#HUMOR / E quando bevi acqua?

via facebook, 16 febbraio 2018, qui

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#SPOT / Non mi vesto per provocarti

"Non mi vesto per provocarti. 
La mia vita non gira attorno al tuo pene. 
Superalo."
(via facebook, 'abbatto i muri', 18 febbraio 2018, qui)

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#BREVITER / Salvini, la Costituzione e il Vangelo (Cesare Di Trocchio)

facebook, 24 febbraio 2018, qui

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(M. Ferrario, Pagliacciata, Mixtura, 25 febbraio 2018, qui)

#SGUARDI POIETICI / Verso casa (Umberto Saba)

Anima, se ti pare che abbastanza
vagabondammo per giungere a sera,
vogliamo entrare nella nostra stanza,
chiuderla, e farci un po’ di primavera?

Trieste, nova città,
che tiene d’una maschia adolescenza,
che di tra il mare e i duri colli senza
forma e misura crebbe;
dove l’arte o non ebbe
ozi, o, se c’è, c’è in cuore
degli abitanti, in questo suo colore
di giovinezza, in questo vario moto;
tutta esplorammo, fino al più remoto
suo cantuccio, la più strana città.
Ora che con la sera anche si fa
vivo il bisogno di tornare in noi,
vogliamo entrare ove con tanto amore
sempre ti ascolto, ove tu al bene puoi
volgere un lungo errore?

Della più assidua pena,
della miseria più dura e nascosta
anima, noi faremo oggi un poema.

*** Umberto SABA, 1883-1957, poeta, scrittore, aforista, Verso casa, da Tutte le poesie, a cura di Arrigo Stara, Meridiani Mondadori, Milano 1994. 
Segnalato in 'nazioneindiana', 23 agosto 2008, qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Saba


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#MOSQUITO / Capitalismo, il declino (Emanuele Severino)

Il capitalismo dovrà rendersi conto che distruggendo la Terra distrugge se stesso. E sarà questa coscienza, non la coscienza morale o religiosa, a spingere il capitalismo al tramonto. (...)

Il capitalismo tramonta, perché è costretto, prendendo coscienza del proprio carattere autodistruttivo, a darsi un fine diverso dal profitto, cioè la salvaguardia della base naturale della produzione economica, e la salvaguardia della tecnica. (...)

Il nemico più implacabile e più pericoloso del capitalismo è il capitalismo stesso.

*** Emanuele SEVERINO, 1929, filosofo, saggista, Il declino del capitalismo, Rizzoli, 1993


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#VIDEO / Siamo un popolo di analfabeti culturali (Tullio De Mauro)


Tullio DE MAURO, 1932-2017
linguista
Un popolo di analfabeti culturali
youtube, la Cosa, 9 febbraio 2016
video 7min52

Un'analisi inquietante dello stato della 'cultura' degli italiani. 
Eppure un'analisi non sorprendente: perché i risultati sono stati più volte confermati, in ricerche 'scientificamente' fondate, non solo da uno studioso dell'autorevolezza del grande linguista Tullio De Mauro. 
L'allarme ci ricorda che l'Italia soffre pesantemente di due deficit, finora poco curati. 
Il primo tocca il mondo del lavoro: e riguarda la professionalità generale diffusa nel Paese, compromessa, nei suoi aspetti meno tecnico-specialistici e più di visione, innovazione, gestione, da una debolezza culturale 'di fondo' preoccupante.
Il secondo, per certi versi ancora più grave, impatta sulla 'cittadinanza' e mette in discussione qualità essenziali per un vivere civile e realmente democratico, come pensiero critico, capacità di leggere e capire la politica, intelligenza sociale, partecipazione attiva alla cosa pubblica. 
Il punto è che manca l'azione, specie da parte del ceto politico, che metta mano a un analfabetismo funzionale che ha raggiunto la soglia (incredibile) del 70-80%.
Ma anche qui nessuna sorpresa: al 'potere' ha sempre fatto comodo coltivare l'ignoranza che produce sudditi e non cittadini(mf)

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domenica 25 febbraio 2018

#PIN / I mezzi, il fine, il bucato (MasFerrario)

Twitter, 3 maggio 2012

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#HUMOR / Non andartene

(dal web)
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#SCRITTE / Talvolta un passo indietro

(via facebook, qui)

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#ANIMALI / Giraffina a cavalluccio

(dal web)

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#FOTO / Praga (AC Almelor)

Praga
foto di AC Almelor
facebook, design-dautore.com, 20 febbraio 2018, qui

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#SPILLI / Pagliacciata (M. Ferrario)

Matteo Salvini, Milano, piazza Duomo, 24 febbraio 2018, dal palco del comizio elettorale, esibendo il rosario e giurando sul Vangelo, immaginando di essere già Presidente del Consiglio:
«Mi impegno e giuro di essere fedele al mio popolo, a 60 milioni di italiani, di servirlo con onestà e coraggio, giuro di applicare davvero la Costituzione italiana, da molti ignorata, e giuro di farlo rispettando gli insegnamenti contenuti in questo sacro Vangelo. Io lo giuro, giurate insieme a me? Grazie, andiamo a governare e a riprenderci questo Paese». (‘HuffPost’, 24 febbraio 2018, qui)

Pagliacciata. 
Invereconda. 
E se fossi interessato a certi temi, direi anche blasfema.
In ogni caso, insopportabile: per chi ritiene che la Carta costituzionale a fondamento della Repubblica nulla abbia a che vedere con i valori e i comportamenti, di egoismo e di odio, di certo becerume fascio-leghista che questo personaggio ogni giorno alimenta e promuove. 

*** Massimo FERRARIO, Pagliacciata, facebook, 24 febbraio 2018

Nota: Per  la citazione di Pier Paolo Pasolini del 1973, lanciata da Matteo Salvini durante il comizio, per stigmatizzare un certo antifascismo di oggi, 2018, rimando al mio precedente #Spillo in Mixtura del 19 febbraio (E ora il pericolo è l'antifascismo), qui


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#SGUARDI POIETICI / I mattini ghiro mio (Vivian Lamarque)

I mattini ghiro mio
come vorrei che tu imparassi ad amare i mattini
soffriresti meno ad alzarti forse
se da te fosse come qui
che quando apri le finestre
subito hai lì alberi perfetti
immobili ma a guardare bene
con anche un punto dove le foglie tremano
per un uccello appena volato via
al rumore della finestra
(o forse ghiro mio avresti sonno lo stesso).

*** Vivian LAMARQUE, 1946, scrittrice, poetessa, traduttrice, I mattini ghiro mio, da Poesie 1972-2002, Mondadori, 2002.
Segnalata da 'ipoetisonovivi.com', 27 settembre 2013


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#MOSQUITO / Capitalismo, limiti? (Murray Bookchin)

Parlare di "limiti di crescita" in seno a un'economia di mercato capitalistica non ha alcun senso, così come non ne ha parlare di limiti della guerra in una società guerriera. Gli scrupoli morali cui oggi danno voce tanti ambientalisti sapientoni sono tanto ingenui quanto quelli delle multinazionali sono fasulli. (...)

Il capitalismo non può essere "persuaso" a porre un freno al suo sviluppo, così come non si può "persuadere" un essere umano a smettere di respirare. I tentativi di realizzare un capitalismo "verde", o "ecologico", sono condannati all'insuccesso a causa della natura stessa del sistema, che è un sistema di crescita continua. 

*** Murray BOOKCHIN, 1921-2006, filosofo, saggista, anarchico, ambientalista statunitense, Per una società ecologica, 1980-2016


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#VIGNETTE / Fai qualcosa per l'Italia (Fogliazza)

FOGLIAZZA (Gianluca Foglia)
facebook, 22 febbraio 2018, qui

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sabato 24 febbraio 2018

#FILASTROCCHE / Proverbi (Gianni Rodari)

Dice un proverbio dei tempi andati:
“Meglio soli che male accompagnati”.
Io ne so uno più bello assai:
“In compagnia lontano vai”.

Dice un proverbio, chissà perché,
“Chi fa da sè fa per tre”.
Da questo orecchio io non ci sento:
“Chi ha cento amici fa per cento”.

Dice un proverbio con la muffa:
“Chi sta da solo non fa baruffa”.
Questa io dico, è una bugia:
“Se siamo in tanti, si fa allegria”.

*** Gianni RODARI, 1920-1980, insegnante e scrittore, Proverbi, segnalato da 'filastrocche.it', qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Gianni_Rodari

Illustrazione di Alfredo Brasioli
tratta da Alberto Manzi
Il mondo è la mia patria: letture per la prima classe elementare, AVE edizioni, 1966

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#CIT / Peccato e disobbedienza (Oriana Fallaci)


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#SPOT / Quando fai acquisti in un piccolo negozio (Nonsolovino)

facebook, 'nonsolovino', 28 settembre 20'16, qui

Vedi anche Selena Gagliardi, L'appello di un piccolo commerciante ai clienti contro la Grande Distribuzione: "Aiutateci a sfamare i nostri figli", 29 settembre 2016, 'HuffPost', qui

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#BREVITER / I meridionali e la Lega (Luca Fois)

facebook, 19 febbraio 2018, qui

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#SGUARDI POIETICI / Tu non ricordi (Michele Mari)

Tu non ricordi
ma in un tempo
così lontano che non sembra stato
ci siamo dondolati
su un’altalena sola

Che non finisse mai quel dondolio
fu l’unica preghiera in senso stretto
che in tutta la mia vita
io abbia levato al cielo

*** Michele MARI, 1955, scrittore, traduttore, poeta, Tu non ricordi, da Cento poesie d’amore a Ladyhawke, Einaudi, 2007.
Segnalato in 'internopoesia', 9 luglio 2015, qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Michele_Mari


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#RACCONTId'AUTORE / Ultimo viene il corvo (Italo Calvino)

La corrente era una rete di increspature leggere e trasparenti, con in mezzo l'acqua che andava. Ogni tanto c'era come un battere d'ali d'argento a fior d'acqua: il lampeggiare del dorso di una trota che riaffondava subito a zig-zag.
- C'è pieno di trote, - disse uno degli uomini.
- Se buttiamo dentro una bomba vengono tutte a galla a pancia all'aria, - disse l'altro; si levò una bomba dalla cintura e cominciò a svitare il fondello.

Allora s'avanzò il ragazzo che li stava a guardare, un ragazzotto montanaro, con la faccia a mela. - Mi dài, - disse e prese il fucile a uno di quegli uomini. - Cosa vuole questo ? - disse l'uomo e voleva togliergli il fucile. Ma il ragazzo puntava l'arma sull'acqua come cercando un bersaglio. "Se spari in acqua spaventi i pesci e nient'altro", voleva dire l'uomo ma non finì neanche. Era affiorata una trota, con un guizzo, e il ragazzo le aveva sparato una botta addosso, come l'aspettasse proprio lì. Ora la trota galleggiava con la pancia bianca. - Cribbio, - dissero gli uomini.

Il ragazzo ricaricò l'arma e la girò intorno. L'aria era tersa e tesa: si distinguevano gli aghi sui pini dell'altra riva e la rete d'acqua della corrente. Una increspatura saettò alla superficie: un'altra trota. Sparò: ora galleggiava morta. Gli uomini guardavano un po' la trota un po' lui. - Questo spara bene, - dissero.

Il ragazzo muoveva ancora la bocca del fucile in aria. Era strano, a pensarci, essere circondati così d'aria, separati da metri d'aria dalle altre cose. Se puntava il fucile invece, l'aria era una linea diritta ed invisibile, tesa dalla bocca del fucile alla cosa, al falchetto che si muoveva nel cielo con le ali che sembravano ferme. A schiacciare il grilletto l'aria restava come prima trasparente e vuota, ma lassú all'altro capo della linea il falchetto chiudeva le ali e cadeva come una pietra. Dall'otturatore aperto usciva un buon odore di polvere.

Si fece dare altre cartucce. Erano in tanti ormai a guardarlo, dietro di lui in riva al fiumicello. Le pigne in cima agli alberi dell'altra riva perché si vedevano e non si potevano toccare? Perché quella distanza vuota tra lui e le cose? Perché le pigne che erano una cosa con lui, nei suoi occhi, erano invece là, distanti? Però se puntava il fucile la distanza vuota si capiva che era un trucco; lui toccava il grilletto e nello stesso momento la pigna cascava, troncata al picciòlo. Era un senso di vuoto come una carezza: quel vuoto della canna del fucile che continuava attraverso l'aria e si riempiva con lo sparo, fin laggiú alla pigna, allo scoiattolo, alla pietra bianca, al fiore di papavero. - Questo non ne sbaglia una, - dicevano gli uomini e nessuno aveva il coraggio di ridere.
- Tu vieni con noi, - disse il capo.
- E voi mi date il fucile, - rispose il ragazzo.
- Ben. Si sa.

Andò con loro.
Parti con un tascapane pieno di mele e due forme di cacio. Il paese era una macchia d'ardesia, paglia e sterco vaccino in fondo alla valle. Andare via era bello perché a ogni svolta si vedevano cose nuove, alberi con pigne, uccelli che volavano dai rami, licheni sulle pietre, tutte cose nel raggio delle distanze finte, delle distanze che lo sparo riempiva inghiottendo l'aria in mezzo.
Non si poteva sparare però, glielo dissero: erano posti da passarci in silenzio e le cartucce servivano per la guerra. Ma a un certo punto un leprotto spaventato dai passi traversò il sentiero in mezzo al loro urlare e armeggiare. Stava già per scomparire nei cespugli quando lo fermò una botta del ragazzo. - Buon colpo, - disse anche il capo, - però qui non siamo a caccia. Vedessi anche un fagiano non devi piú sparare.

Non era passata un'ora che nella fila si sentirono altri spari. - È il ragazzo di nuovo! - s'infuriò il capo e andò a raggiungerlo. Lui rideva, con la sua faccia bianca e rossa, a mela. - Pernici, - disse, mostrandole. Se n'era alzato un volo da una siepe.
- Pernici o grilli, te l'avevo detto. Dammi il fucile. E se mi fai imbestialire ancora torni al paese.

Il ragazzo fece un po' il broncio; a camminare disarmato non c'era gusto, ma finché era con loro poteva sperare di riavere il fucile.
La notte dormirono in una baita da pastori. Il ragazzo si svegliò appena il cielo schiariva, mentre gli altri dormivano. Prese il loro fucile più bello, riempi il tascapane di caricatori e usci. C'era un'aria timida e tersa, da mattina presto. Poco discosto dal casolare c'era un gelso. Era l'ora in cui arrivavano le ghiandaie. Eccone una: sparò, corse a raccoglierla e la mise nel tascapane. Senza muoversi dal punto dove l'aveva raccolta cercò un altro bersaglio: un ghiro! Spaventato dallo sparo, correva a rintanarsi in cima ad un castagno. Morto era un grosso topo con la coda grigia che perdeva ciuffi di pelo a toccarla. Da sotto il castagno vide, in un prato più basso, un fungo, rosso coi punti bianchi, velenoso. Lo sbriciolò con una fucilata, poi andò a vedere se proprio l'aveva preso. Era un bel gioco andare così da un bersaglio all'altro: forse si poteva fare il giro del mondo. Vide una grossa lumaca su una pietra, mirò il guscio e raggiunto il luogo non vide che la pietra scheggiata, e un po' di bava iridata. Cosi s'era allontanato dalla baita, giù per prati sconosciuti.
Dalla pietra vide una lucertola su un muro, dal muro una pozzanghera e una rana, dalla pozzanghera un cartello sulla strada, bersaglio facile. Dal cartello si vedeva la strada che faceva zig-zag e sotto: sotto c'erano degli uomini in divisa che avanzavano ad armi spianate. All'apparire del ragazzo col fucile che sorrideva con quella faccia bianca e rossa, a mela, gridarono e gli puntarono le armi addosso. Ma il ragazzo aveva già visto dei bottoni d'oro sul petto di uno di quelli e fatto fuoco mirando a un bottone.

Senti l'urlo dell'uomo e gli spari a raffiche o isolati che gli fischiavano sopra la testa: era già steso a terra dietro un mucchio di pietrame sul ciglio della strada, in angolo morto. Poteva anche muoversi, perché il mucchio era lungo, far capolino da una parte inaspettata, vedere i lampi alla bocca delle armi dei soldati, il grigio e il lustro delle loro divise, tirare a un gallone, a una mostrina. Poi a terra e lesto a strisciare da un'altra parte a far fuoco. Dopo un po' senti raffiche alle sue spalle, ma che lo sopravanzavano e colpivano i soldati: erano i compagni che venivano di rinforzo coi mitragliatori. - Se il ragazzo non ci svegliava coi suoi spari, - dicevano.
Il ragazzo, coperto dal tiro dei compagni, poteva mirare meglio. Ad un tratto un proiettile gli sfiorò una guancia. Si voltò: un soldato aveva raggiunto la strada sopra di lui. Si buttò in una cunetta, al riparo, ma intanto aveva fatto fuoco e colpito non il soldato ma di striscio il fucile, alla cassa. Senti che il soldato non riusciva a ricaricare il fucile, e lo buttava in terra. Allora il ragazzo sbucò e sparò sul soldato che se la dava a gambe: gli fece saltare una spallina.

L'insegui. Il soldato ora spariva nel bosco ora riappariva a tiro. Gli bruciò il cocuzzolo dell'elmo, poi un passante della cintura. Intanto inseguendosi erano arrivati in una valletta sconosciuta, dove non si sentiva piú il rumore della battaglia. A un certo punto il soldato non trovò piú bosco davanti a sé, ma una radura, con intorno dirupi fitti di cespugli. Ma il ragazzo stava già per uscire dal bosco: in mezzo alla radura c'era una grossa pietra; il soldato fece appena in tempo a rimpiattarcisi dietro, rannicchiato con la testa tra i ginocchi.

Là per ora si sentiva al sicuro: aveva delle bombe a mano con sé e il ragazzo non poteva avvicinarglisi ma solo fargli la guardia a tiro di fucile, che non scappasse. Certo, se avesse potuto con un salto raggiungere i cespugli, sarebbe stato sicuro, scivolando per il pendio fitto. Ma c'era quel tratto nudo da traversare: fin quando sarebbe rimasto lì il ragazzo? E non avrebbe mai smesso di tenere l'arma puntata? Il soldato decise di fare una prova: mise l'elmo sulla punta della baionetta e gli fece far capolino fuori dalla pietra. Uno sparo, e l'elmo rotolò per terra, sforacchiato.

Il soldato non si perse d'animo; certo mirare lì intorno alla pietra era facile, ma se lui si muoveva rapidamente sarebbe stato impossibile prenderlo. In quella un uccello traversò il cielo veloce, forse un galletto di marzo. Uno sparo e cadde. Il soldato si asciugò il sudore dal collo. Passò un altro uccello, una tordella: cadde anche quello. Il soldato inghiottiva saliva. Doveva essere un posto di passo, quello: continuavano a volare uccelli, tutti diversi e quel ragazzo a sparare e farli cadere. Al soldato venne un'idea: "Se lui sta attento agli uccelli non sta attento a me. Appena tira io mi butto". Ma forse prima era meglio fare una prova. Raccattò l'elmo e lo tenne pronto in cima alla baionetta. Passarono due uccelli insieme, stavolta: beccaccini. Al soldato rincresceva sprecare un'occasione così bella per la prova, ma non si azzardava ancora. Il ragazzo tirò a un beccaccino, allora il soldato sporse l'elmo, sentì lo sparo e vide l'elmo saltare per aria. Ora il soldato sentiva un sapore di piombo in bocca; s'accorse appena che anche l'altro uccello cadeva a un nuovo sparo.
Pure non doveva fare gesti precipitosi: era sicuro dietro quel masso, con le sue bombe a mano. E perché non provava a raggiungere il ragazzo con una bomba, pur stando nascosto? Si sdraiò schiena a terra, allungò il braccio dietro a sé, badando a non scoprirsi, radunò le forze e lanciò la bomba. Un bel tiro; sarebbe andata lontano; però a metà della parabola una fucilata la fece esplodere in aria. Il soldato si buttò faccia a terra perché non gli arrivassero schegge.

Quando rialzò il capo era venuto il corvo. C'era nel cielo sopra di lui un uccello nero che volava a giri lenti, un corvo forse. Adesso certo il ragazzo gli avrebbe sparato. Ma lo sparo tardava a farsi sentire. Forse il corvo era troppo alto? Eppure ne aveva colpito di più alti e veloci. Alla fine una fucilata: adesso il corvo sarebbe caduto, no, continuava a girare lento, impassibile. Cadde una pigna, invece, da un pino lì vicino. Si metteva a tirare alle pigne, adesso? A una a una colpiva le pigne che cascavano con una botta secca.
A ogni sparo il soldato guardava il corvo: cadeva? No, l'uccello nero girava sempre più basso sopra di lui. Possibile che il ragazzo non lo vedesse? Forse il corvo non esisteva, era una sua allucinazione. Forse chi sta per morire vede passare tutti gli uccelli: quando vede il corvo vuol dire che è l'ora. Pure, bisognava avvertire il ragazzo che continuava a sparare alle pigne. Allora il soldato si alzò in piedi e indicando l'uccello nero col dito, - Là c'è il corvo! - gridò, nella sua lingua. Il proiettile lo prese giusto in mezzo a un'aquila ad ali spiegate che aveva ricamata sulla giubba.
Il corvo s'abbassava lentamente, a giri.

*** Italo CALVINO, Ultimo viene il corvo, dall'antologia Racconti della Resistenza, a cura di Gabriele Pedullà, Einaudi editrice, Torino, 2005. Anche in 'sagarana', n. 22, qui



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#MOSQUITO / Migranti, e pescatori (Gianfranco Rosi)

Un migrante a un Lampedusano:
- Perché siete così generosi? 
- Perché siamo un popolo di pescatori e un pescatore accetta tutto quello che viene dal mare.

*** Gianfranco ROSI, 1963, regista, documentarista, sceneggiatore, in Fuocoammare, film Orso d'oro al Festival di Berlino, 2016, citato da Nicola Croce, facebook, 21 febbraio 2018, qui


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#SENZA_TAGLI / Una donna con le palle è sessismo (Luca Fois)

Su Twitter, un commento di un sostenitore della Boldrini: "Fai bene a combattere il sessismo, sei una donna con le palle!"

Una donna con le palle è sessismo. 
Una donna con le palle è la frase più sessista della nostra cultura.

Ho finito vostro onore.

*** Luca FOIS, facebook, 20 febbraio 2018, qui


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venerdì 23 febbraio 2018

#CIT / La disperazione più grave di una società (Corrado Alvaro)

Corrado ALVARO, 1895-1956
giornalista, scrittore, poeta, sceneggiatore
citazione da Ultimo diario, 1948-1956, Bompiani
wikiquote, qui

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#SPOT / Nuovi compagni (Carlo Hebdo)

facebook, 22 febbraio 2018, qui

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#BREVITER / Triste declino (Matteo Iuliani)

facebook, 22febbraio 2018, qui

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#VIDEO / Spot, il cane-robot


Spot, il cane-robot 
di Google e Boston Dynamics
video 2min15

Si chiama Spot ed è l'ultimo robot progettato e nato in casa Google, per la precisione dalla Boston Dynamics, sua controllata. 
Si tratta di un cane dal peso di 73 kg circa, capace di scorazzare a diverse andature, di salire le scale e di riconoscere i terreni scoscesi con una precisione impressionante. È anche in grado di incassare calci dai "padroni", e l'effetto è abbastanza inquietante pur trattandosi di robot. E chissà che un giorno non siano in grado di conservare i ricordi dei maltrattamenti. Allora è probabile che saranno guai per gli incauti esseri umani. Da non ripetere, nel modo più assoluto, con animali veri

a cura di Tiziano Fusella, repTv, 11 febbraio 2018

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