sabato 20 gennaio 2018

#RACCONTId'AUTORE / Guardare col naso (Dario Fo)

Come sono arrivato al cascinale del nonno, quasi non lo riconoscevo: i rampicanti che salivano lungo i pilastri degli arconi del quadriportico erano fioriti. Anche contro i muri delle stalle e della legnaia c’erano svirgole di colore. Non parliamo degli orti! Appena col nonno Bristìn siamo montati sul ponte a schiena d’asino che attraversa il canale, ci sono apparsi gli orti disegnati come un’enorme scacchiera, composta da infinite tessere di mosaico con una prospettiva impossibile. Le pedine maggiori e minori erano gli alberi da frutto che avevano sparato fiori a sbroffo. Mio nonno godeva in silenzio del mio stupore, poi mi ha soffiato, quasi da suggeritore: «Non guardare solo con gli occhi, guarda anche col naso!».

«Guardare col naso?».
«Sì, annusa, ascolta gli odori e i profumi!».
«Eh sì, li sento... sono buonissimi!».
«Attento che il profumo, l’odore, è qualcosa che devi saper leggere. Per esempio, vieni qui, sotto a ‘sto ciliegio: annusa lento, aspirando piano. Senti, ha un fondo appena salato... questo, invece, che è un altro ciliegio, ha un odore più dolce, quasi rotondo e più intenso dell’altro. E sai perché? Per il fatto che il primo albero ha buttato i fiori troppo presto e s’è beccato una gelata. Quest’altro non ha avuto fretta di fiorire e ha evitato il guaio!».
«E tu lo capisci dall’odore?».
«Certo, e dall’odore so già come saranno i frutti: il raggelato li farà tardi e magri, il secondo darà sgrafioni pieni e profumati. Del resto succede così anche fra gli uomini. Se un bambino si becca un malanno serio, prima che si riprenda ci vuol tempo, buone cure, cibo e calore e dal suo odore si può capire che non è in gran forma».
«E com’è che i dottori quando ti visitano non ti annusano mai?».
«Perché hanno dimenticato l’antica medicina. Sui trattati salernitani che insegnavano come si conduce una visita sul paziente, c’è scritto: Tasta la sua pelle e i suoi muscoli dal collo fino ai piedi, ascolta come gli circola il sangue, assaggia con le dita la pelle fino a scoprire dove è dolce, umida o dove è asseccata e soprattutto annusa, indovina l’umore, il salato, l’amaro, là dove è piacevole e dove pute’... come a dire dove puzza!».
«Davvero?! Ma quante cose sai tu, nonno... ma hai studiato da medico?».
«No, sono solo un gran curioso che non s’accontenta facilmente delle nozioni che ti propinano sia i libri che i professori! Vedi, per le piante, le patate, i fiori o i pomodori il discorso è lo stesso: se una mela è beccata da un insetto bastardo o infettata da un virus, subito reagisce cambiando il suo odore, prima ancora dell’aspetto. E’ un segnale che ti da gratis. Così come per un uomo o una donna: il suo buon odore non ti avverte soltanto che sta in salute, ma anche del suo u-more. Se poi ti lancia una sberfola di profumo, significa che sta provando un’emozione, che magari tu le piaci e se tu ci stai, se senti un fremito o ti batte il cuore, stai tranquillo che allo stesso modo anche tu sprizzerai nell’aria il tuo messaggio di odore compiaciuto!».
«E tutti si accorgono? Basta che sgniffìno?».
«Purtroppo no. Uno che s’innamora, guarda negli occhi la sua ragazza, s’accorge che lei è impallidita o arrossita, che trema, che ha le mani madide di sudore per l’emozione, ma non ascolta il suo odore, non lo sente perché abbiamo perso l’olfatto... siamo rimasti castrati di questo senso fondamentale!».

Ero costernato: «Che guaio! E ormai non c’è più niente da fare?».
«Be’... esercitandosi con un po’ di metodo e soprattutto costanza si può rimediare». 
«Esercizi di annusata?».
«Sì, proprio: allenarsi a snariggiare ogni cosa, ogni persona, come fanno gli animali. Un cane che t’incontra ti annusa... se non gli piace il tuo odore se ne va schifato e ti va bene se non ti piscia pure addosso!».
«Nonno, mi stai a sfottere! Adesso per ritrovare l’olfatto devo fare il cane... mettermi carponi e annusare le gambe e magari anche il sedere di tutti quelli che incontro?!».

II nonno ride proprio di gusto: «Complimenti! Ottimo rilancio. A ogni modo ti consiglio di provarci, magari senza dare troppo nell’occhio. Vedrai che ti farai una bella cultura!».
«Una cultura sulla puzza?!».
«Sì. Non ti sei mai chiesto perché le donne e ormai anche gli uomini sempre di più si innaffino di profumo?». 
«Per coprire i cattivi odori e il sudore rancido».
«Non esagerare... a parte che spruzzarsi ogni tanto del profumo delicato può anche sortire un effetto piacevole, è l’eccesso che storpia, diventa una mascheratura che nasce dalla sfiducia nella produzione delle nostre premiate ghiandole. Il professor Trangipane mi raccontava che già nel Settecento i nobili imparruccati avevano scoperto che emanavano odori a seconda degli stati d’animo, leggibili col naso come segnali ben decifrabili. Quindi, per evitare che gli altri scoprissero attraverso l’olfatto carattere, personalità, emozioni, e l’ipocrisia che ha una puzza da voltastomaco, preferivano cancellare ogni messaggio con sbroffate di profumo».
«Nonno, vuoi dire che, se mi esercito... una annusata... e nessuno con me può fare il furbo?».
«Sicuro! Tutto in natura ha un linguaggio: il gestire, il gesticolare della gente, il modo di camminare, di sedersi, di mangiare, di dare la mano... il modo di usare la voce e di articolare le parole... tutto è un’enciclopedia di segnali impagabili ed è come se tu strappassi i vestiti di dosso alla gente, come se li vedessi nudi per quello che sono con le loro chiappe e le loro chiacchiere al vento».

Alla fine di questa folle tirata del nonno per poco non gli batto le mani: «Da dove ti vengono ‘ste idee? Non mi dirai che ti nascono così, per loro conto, come ravanelli nell’orto».
«No, niente nasce da niente! A cominciare da ogni idea sputata dal cranio di un uomo, fino alla scoreggia sparata dal culo di una scimmia. Manco uno starnuto esplode così, da solo. Ogni intuizione nasce sempre dall’innesto di nozioni diverse, spesso opposte, come si fa con l’incrocio delle piante».
«Parti dall’esercizio all’annusata, poi salti fuori con l’innesto e le scoregge e tutto per arrivare a cosa?».
«Alla conoscenza, al sapere, cercare, verificare. Non accontentatevi delle regole facili, dei libri bugiardi della scuola!».

*** Dario FO, da Il paese dei Mezaràt. I miei primi sette anni (e qualcuno in più), a cura di Franca Rame, Feltrinelli, Milano, 2002.


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