lunedì 6 novembre 2017

#MOSQUITO / Accidia, non sappiamo 'dedicarci' (Salvatore Natoli)

L’accidia non equivale al semplice far niente. Essa, piuttosto, corrisponde all’incapacità di prendere sul serio le cose, di sapere attendere a quel che si deve fare e di portare a compimento le opere. L’accidia è dunque abulia, indolenza, è una sorta di torpore che induce alla distrazione. Più che dall’inazione, l’accidia è caratterizzata dall’assenza di concentrazione. Accidioso, dunque, è colui che non sa essere perseverante, che è soprattutto svagato. (...) 
La nostra società non ci permette più d’essere pigri. Essa ci impiega a dovere e molto spesso ci rende più del giusto ‘indaffarati’. Non sempre siamo però soddisfatti di come viviamo. Di qui una voglia indeterminata di far altro, il desi-derio di cambiare. Siamo vincolati a scadenze e siamo costretti da obblighi. Tuttavia non sappiamo attendere come dovremmo ai nostri compiti, anche perché, nella maggior parte dei casi, non sono stati scelti da noi. Viviamo nel mondo del fare, ma l’agire è spesso accompagnato dalla disaffezione: la smania di distrazione prevale sulla capacità di attenzione. Nella nostra società l’accidia ha preso, dunque, le forme del conformi-smo sociale e dell’eversione verbale, della curiosità distratta - che impropriamente è fatta valere come divulgazione - anziché della conoscenza accurata delle cose. Quest’ultima - in qualunque modo la si rivolti - esige fatica. L’accidioso non sa faticare. Soprattutto non si sa ‘dedicare’. Nel nostro tempo vi sono uomini che non sanno coltivare a lungo neppure un amore. Dicono: che noia! 


*** Salvatore NATOLI, 1942, filosofo, docente di filosofia teoretica, Dizionario dei vizi e delle virtù, Feltrinelli, Milano, 1996.

Jacques Callot, 1592-1635
incisore francese

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