giovedì 12 ottobre 2017

#SPILLI / 'Legge truffa' e De Gasperi, 'Rosatellum bis' e Renzi-Gentiloni (M. Ferrario)

Matteo Renzi, contestando l'appellativo di 'fascistellum' dato da Marco Travaglio al 'Rosatellum bis' (titolo di prima pagina di 'Il Fatto Quotidiano', 11 ottobre 2017) per la imposizione della fiducia decisa dal Governo, ha ricordato il precedente di De Gasperi, che mise la fiducia sulla legge elettorale chiamata 'legge truffa' in epoca chiaramente repubblicana e postfascista. 

E' vero. 
Se il precedente della fiducia posta sulla legge elettorale detta Acerbo risale all'epoca fascista, così non è per l'analoga fiducia chiesta per la legge elettorale, nota come 'legge truffa', messa da De Gasperi nel 1953. Ma questo di De Gasperi non è comunque un precedente di cui vantarsi per 'limpidezza democratica': chi conosce la storia sa che la decisione di porre la fiducia provocò reazioni durissime in Parlamento e nel Paese, con accuse violente di 'sfregio alla Costituzione'. 

Epicarmo Corbino, un parlamentare liberale, non un estremista barricadiero, concluse un suo discorso alla Camera così (qui):
«Per me il problema della prossima votazione è un problema che va al di là della legge elettorale, è un problema che va al di là della procedura o dell'interpretazione della procedura. Dalla prossima votazione procedurale sulla legge elettorale, dipenderanno le condizioni per il mantenimento della democrazia in Italia. Questa è la posta: tutto il resto è secondario». 

E Pierluigi Battista, un giornalista non certo accusabile di fanatismo anti-sistema, ricostruendo la vicenda dell'approvazione della 'legge truffa, sul 'Corriere della Sera' del 17 aprile 2015, così scrive (qui)
«Fuori del Parlamento infuriavano gli scontri di piazza e a un certo punto dai banchi del Pci partirono allarmate proteste: «La polizia ha picchiato e ferito Pietro Ingrao».
Al Senato andrà ancora peggio.
Una giornalista di destra molto fumantina e arguta come Gianna Preda, durante la guerra al Senato per l’approvazione della «legge truffa», scrisse che i senatori, se non protetti dall’immunità parlamentare, avrebbero dovuto rispondere dei seguenti reati: «ingiuria, diffamazione, violenza privata, minacce, percosse, lesioni, distruzione di pubblici documenti, istigazione a delinquere, vilipendio al governo, oltraggio al Parlamento, attentato contro gli organi costituzionali».
Per non seguire i disinvolti percorsi d’urgenza che facevano già gridare all’«attentato alla Costituzione», l’allora presidente del Senato, il liberale Giuseppe Paratore, decise di dimettersi. Il suo posto venne preso da Meuccio Ruini che assunse nel marzo l’incarico, per dire del clima che si stava vivendo in quei giorni, con queste parole: «Affronto quest’opera con la stessa fermezza con la quale andai, con i capelli già grigi, sul Carso». (...) Quando il governo di oggi si stupisce che il ricorso alla fiducia per l’approvazione di una legge elettorale possa provocare tante proteste, forse una rilettura di ciò che accadde nel 1953 con la cosiddetta «legge truffa» potrebbe risultare utile.
Si potrebbe ricordare, a proposito di rispetto istituzionale, che il futuro presidente della Repubblica, il socialista Sandro Pertini, si rivolse con queste leggiadre parole al neopresidente del Senato Ruini: «Lei non è un presidente, lei è una carogna, è un porco».
Si potrebbe ricordare che Randolfo Pacciardi, combattente nella guerra di Spagna, venne violentemente spintonato e che Ugo La Malfa, leader del Partito repubblicano alleato della Democrazia cristiana, fu preso a ceffoni da Emilio Lussu. Ceffoni veri, non metaforici.
Si potrebbe ricordare che la discussione parlamentare, tra urla, strepiti, interruzioni, lanci di oggetti, prese oltre settanta ore di scontri durissimi. Che più volte venne minacciato l’Aventino. Che nel Paese si vissero momenti drammatici. Che la campagna elettorale, dopo l’approvazione definitiva della nuova legge elettorale il 29 marzo del 1953, ebbe toni aspri e fortissimi tra forze politiche che solo pochi anni prima avevano firmato insieme la Costituzione. Che molte personalità del mondo laico e accademico si schierarono con grande fierezza contro quella legge, da Piero Calamandrei a Vittorio Emanuele Orlando, e che la maggioranza dei voti richiesta dai partiti di governo, il 50 per cento, non venne raggiunta per un pugno di schede.»
Dunque a me sembra che 'fascistellum', per connotare il disegno di legge che ancora non sappiamo se otterrà la fiducia definitiva delle due Camere (il riferimento alla 'legge truffa' potrebbe essere di buon auspicio: in quel caso l'approvazione ci fu, ma poi la Dc perse 8 punti percentuali alle elezioni e la legge venne abrogata), sia un'aggettivazione forte, certamente provocatoria, ma neppure tanto assurda: non è paragonabile il contesto storico evocato, sempre irripetibile (se non in forma farsesca), ma democraticamente preoccupanti sono contenuti e metodo. 

Infatti, quanto ai contenuti, se la legge detta 'Italicum', tanto aperta verso gli elettori-cittadini e così positivamente esemplare che avrebbe dovuto essere copiata dall'Europa intera, è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta, il 'Rosatellum bis', oggi in discussione, presenta profili più che dubbi di costituzionalità e, per citare solo un punto non secondario, sequestra, per conto del ceto politico, la libertà degli elettori di scegliersi i parlamentari, senza altresì consentire il voto disgiunto (tra maggioritario e proporzionale). 
E, quanto al metodo, Renzi è recidivo, producendosi per la seconda volta in simili atti democraticamente osceni: prima, con l''Italicum', avendo posto la fiducia direttamente come capo del Governo e ora, con il 'Rosatellum bis', avendo spinto/ordinato di metterla usando il tramite del mite e obbediente Gentiloni, con l'assenso (a leggere i retroscena giornalistici) del Capo dello Stato. 

*** Massimo FERRARIO, 'Legge truffa' e De Gasperi, 'Rosatellum bis' e Renzi-Gentiloni, per Mixtura

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