lunedì 24 luglio 2017

#SENZA_TAGLI / Carminati, la sentenza e Roma (Alessandro Gilioli)

1. Ha dell'incredibile, davvero incredibile, la torsione a cui in poche ore è stata sottoposta la sentenza di Roma. Ha dell'incredibile perché il fatto che la corte non abbia incluso nelle condanne l'aggravante mafiosa è stato subito trasformato nella pretesa che allora «era tutta una bufala, una fiction, una costruzione a scopi politici». Consiglierei a chi lo dice un po' di calma e di accettazione dei dati di realtà contenuti nella stessa sentenza: «Il tribunale ha riconosciuto che nella vicenda ha operato sicuramente un'organizzazione criminale che si è attivata allo scopo di commettere una pluralità di delitti e li ha effettivamente commessi come dimostrano le contemporanee condanne per numerosi reati di scopo» (Carlo Federico Grosso, avvocato). Inoltre «la sentenza dimostra che Roma era in mano a due associazioni a delinquere che ne condizionavano la vita amministrativa» (Giovanni Fiandaca, giurista studioso di diritto penale e del fenomeno mafioso). Di questa organizzazione criminale che condizionava l'amministrazione della città facevano parte più di 40 persone tra cui manager, imprenditori, funzionari e importanti politici sia del centrodestra sia del centrosinistra romano.

2. Carminati non è un capo mafioso - lo dice la sentenza - ma adesso farlo passare da innocuo ladruncolo di polli vittima di una macchinazione (il Foglio di oggi) è agghiacciante. Stiamo parlando di un signore con le mani in tutte le vicende più oscure della Repubblica, dai depistaggi sulla strage di Bologna alla Banda della Magliana, dai servizi deviati al furto-ricatto di documenti nel caveau di Banca di Roma, rapinatore, trafficante d'armi, secondo un pentito della Magliana esecutore materiale dell'omicidio Pecorelli, secondo altri due pentiti (dei Nar) coautore dell'omicidio di Fausto e Iaio. E molto altro.

3. La vulgata mainstream di oggi, su alcuni quotidiani, è che «senza l'aggravante mafiosa a Roma non avrebbe vinto la Raggi», insomma se si fosse saputo prima che non era "mafia" le cose nelle urne sarebbero andate diversamente. Beh, è una sciocchezza. Raggi ha vinto perché i romani avevano capito che in città sia il centrodestra sia il centrosinistra erano in buona parte complici con le associazioni a delinquere di cui sopra, cosa di cui la sentenza di ieri è solo una tra le molte conferme. Sicché per rabbia, disperazione o delusione - scegliete voi - due terzi degli elettori di questa città al secondo turno hanno votato chi complice non era, per il semplice fatto di essere politicamente nuovo e ignoto. Questo è quanto avvenuto poco più di un anno fa, se si hanno gli occhi per vedere, se si parla con le persone.

4. Una buona parte della manovalanza della banda di Carminati e Buzzi è uscita ieri dal carcere; gli stessi due capi potrebbero uscire a breve, e pure con l'alone di "martiri di una montatura", quindi sentendosi molto forti. Tutto sicuramente corretto, in termini giudiziari, fino a sentenza definitiva. Qualcuno ieri in aula sghignazzava. Invece altri - che in questi anni hanno scritto di Carminati e soci - forse adesso hanno paura per la propria vita.

5. Siamo davvero sicuri - e sia detto con il massimo rispetto del tribunale di Roma - che le stesse azioni e gli stessi delitti se fossero avvenuti in Sicilia o in Calabria sarebbero stati derubricati da mafiosi a non mafiosi? Chissà. Questo è solo un dubbio culturale, relativo alla lenta e difficile crescita civile di questo Paese, alla lenta e difficile presa di coscienza dei fenomeni criminali organizzati. Insomma il dubbio di uno che avendo 55 anni si ricorda bene di quando tanti dicevano, anche in Sicilia, che «la mafia non esiste».

*** Alessandro GILIOLI, giornalista e saggista, Su Carminati, la sentenza e Roma, blog 'piovono rane', 21 luglio 2017, qui


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