mercoledì 24 maggio 2017

#LIBRI PIACIUTI / "Non ditelo allo scrittore", di Alice Basso (recensione di M. Ferrario)

Alice BASSO, "Non ditelo allo scrittore"
Garzanti, 2017
pagine 316, € 16,90, ebook 9,99

Sempre sorprendente e ammaliante
C'è poco da dire e tutto da confermare: ed è una conferma convinta, che esclude qualunque nota stucchevolmente complimentosa. Perché quando 'testa' e 'pancia' concordano nel giudizio, sia appena posato il libro dopo l'ultima pagina, che meditandoci sopra a distanza di qualche ora, e anzi l'una parte del corpo alimenta l'altra senza tentennamenti, bisogna avere il coraggio di usare il voto massimo. 

Sì, anche la terza puntata della serie di cui è protagonista Vani Sarca, la giovane ghostwriter di successo costretta a essere l'ombra segreta di autori che solo lei ha reso definitivamente famosi, grazie alla eccezionale capacità di immedesimazione e alla incredibile competenza di scrittura che si ritrova quasi naturalmente nel dna, scivola via che è un piacere. E la lettura è godimento allo stato puro. 

Alice Basso sa dettagliare la psicologia di tutti i personaggi che mette in campo (e non sono pochi) con una cura amorevole che è pari solo alla profondità di analisi e alla leggerezza, spesso ironica e saporita, con cui li avvolge. Il lettore se li ritrova cesellati in ogni aspetto senza dover subire la fatica di noiose riflessioni introspettive: concorrono a scolpirne i caratteri le descrizioni essenziali (brevi, veloci, puntuali e mai sbrigative) e i dialoghi curiosi (sempre effervescenti, originali e giocati sul filo del sorriso arguto). La scrittura è un fuoco di artificio: incalzante, febbrile, funambolica. Senza mai una caduta di tono e aiutata da una punteggiatura nervosa, secca, concisa. 
Il risultato potrebbe essere una sensazione di fastidiosa frenesia. Ma è una agitazione che non mette ansia: solo voglia impaziente di procedere e un bisogno, sano e curioso, di 'entrare dentro' lo svolgimento della trama e di 'vedere' al più presto cosa rivela il fotogramma successivo.

Perché la trama, ovviamente, è l'altro punto forte anche di questa terza vicenda: e il motore, come sempre, è Vani Sarca. Anche qui chiamata a tenere il piede in due scarpe: da una parte è spinta a esercitare il consueto lavoro di ghostwriter (stavolta declinato più in chiave di coaching nei confronti di un collega ghostwriter, il quale, a causa di una situazione intricata, ha dovuto uscire allo scoperto come scrittore e ora urge che impari a muoversi in pubblico, nelle occasioni mediatiche di promozione del libro, in modo meno elefantiaco, autocentrato e supponente); e dall'altra si ritrova coinvolta, come collaboratrice ufficiosa del commissario Berganza, in un caso di criminalità organizzata in cui rischia la vita lo stesso commissario.

L'atmosfera del 'giallo' percorre le pagine, ma la categoria del poliziesco può essere riduttiva. In realtà la storia è più ampia e frastagliata, anche perché vengono recuperati alcuni personaggi della serie, già noti, che fanno parte ormai dello stretto giro di amici della protagonista. E poi la relazione con il commissario, come si poteva intuire da alcuni spunti già disseminati nella seconda puntata, si approfondisce e tende a fuoriuscire dallo stretto ambito professionale: svelando che, in fondo, il carattere ispido, ribelle e strafottente della ragazza, nasconde, sotto una scorza che pare di cemento armato a chiunque la incontri con superficialità, una (ovvia) sostanza ben più cedevole e tenera, che la umanizza, arricchendone la sua parte femminile, certo soffocata ma per nulla amputata. Una sorpresa, forse. Ma forse no: perché a differenza dei tanti felici piccoli spiazzamenti che il lettore incontra lungo la storia, inseguendo le abilità di lettura logico-intuitiva di Vani, qui lo stupore è soltanto della protagonista, abituata a credersi una 'dura tutta d'un pezzo', appartenente a una specie animale unica nella sua solitaria e rocciosa diversità. Come se per applicare agli altri l'incredibile capacità empatica di cui è fornita non dovesse attingere, anche lei e più di altri, dentro se stessa, alla ricchezza interiore di un'anima che è patrimonio comune di tutti.

Ovviamente la strada è segnata, ma sempre più in salita: Alice Basso non potrà fermarsi e dovrà reggere le attese crescenti. 
La fantasia per catturare chi legge con nuovi intrecci, l'abilità nel sorprendere, anche giocando con le interpretazioni funamboliche dei comportamenti volta a volta attribuiti ai vari personaggi, e la scrittura fresca, crepitante e genuina, per tenere insieme il tutto, sono, a quanto sembra, lo strumentario collaudato del successo sin qui ottenuto: non si vede perché la formula non debba assicurare analogo consenso di pubblico per il futuro.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

«
Giuro sulla mia testa dai capelli biondi tagliati maldestramente davanti allo specchio del bagno che la prossima volta che uno mi dà appuntamento in un bar gli dico di no. 
Perché il problema, se incontri qualcuno in un bar, è che non incontri solo lui. Incontri tutte le fottute persone che decidono di sedersi in quel bar. Tipo queste due decerebrate che, di tutti i posti che potevano scegliere, sono venute ad appoggiare il culo proprio al tavolino accanto al mio. 
Che due palle. Un bar è un’aberrazione della società incivile che vuole che degli esseri umani che si ritrovano a meno di un metro di distanza da dei perfetti estranei si sentano a loro agio tanto da scambiarsi confidenze. Io non voglio sentire le confidenze nemmeno della gente che conosco. Figuriamoci quelle di due estranee. Figuriamoci quelle di due estranee ventenni. Figuriamoci quelle delle tube di Falloppio di due estranee ventenni. 
In più, qui non servono nemmeno del whisky. (Alice BASSO, "Non ditelo allo scrittore", Garzanti, 2017)

Nello studio di Enrico c’è anche Olga. Il fatto di essere stata tirata giù dal letto di domenica le dà un’aria non più stanca o depressa di quando viene tirata giù dal letto tutti gli altri giorni. Il che non significa affatto che non sembri stanca o depressa: significa che lo è costantemente, senza soluzione di continuità. In verità oggi sembra più che altro sgonfia: immerge una brioche sgonfia nel cappuccino sgonfio e a ogni boccone si deterge la bocca col fazzolettino. Ogni volta che depone la tazza la aggiusta in modo che il manico sia parallelo al bordo del tavolo. Scommetto che nemmeno se ne accorge. Lo so cos’è. È quello che fanno inconsciamente le persone iperefficienti quando qualcosa è andato storto: cercano di raddrizzare le cose, in senso letterale. A giudicare dal fatto che, fra un sorso e l’altro, si è messa ad allineare al bordo della scrivania anche tutte le biro di Enrico, deduco che quel qualcosa debba essere andato veramente storto. Ora sono più curiosa che mai di scoprire di cosa si tratti. (Alice BASSO, "Non ditelo allo scrittore", Garzanti, 2017)

«Buongiorno», dice Marotta. Saluta Olga con un cenno stitico, perché è questo che fanno gli stronzi con le ultime ruote del carro: le salutano come se il loro budget di cortesie ne venisse gravemente depauperato, e non sia mai che un domani non riescano a omaggiare adeguatamente un cardinale perché hanno sprecato un decoroso «buongiorno, dottoressa» con te. Poi arriva a me. (Alice BASSO, "Non ditelo allo scrittore", Garzanti, 2017)

Vani sospira, ormai deconcentrata dalla lettura. 
Dal salotto viene un sommesso brontolio. 
«Come fate?» sbotta all’improvviso. «Come fate a non averne piene le palle, dopo tutti questi anni?» 
Madre Sarca non capisce subito. Be’, certo: madre Sarca non capisce mai subito, e a volte nemmeno dopo un po’. 
«Lo spettacolo teatrale di Natale è una tradizione pregevole», attacca infatti a rispondere, piccata come se stesse spiegando ovvietà a un cerebroleso. «Procurare a Lara un abbigliamento consono alla manifestazione è semplicemente un atto di...» 
«Dicevo con papà», la interrompe Vani. «Tutti gli anni la stessa manfrina. E non è solo per la recita di Lara. Tutti gli anni, anzi tutti i giorni, sempre il solito copione. Tu che fai cose che lui considera superficiali. Lui che dice cose che tu consideri irritanti. Lui che sbuffa e ti dice di prendertela di meno per le scemenze. Tu che strilli e gli dici che è lui che dovrebbe prendersela di più per le cose importanti e che se fosse per lui vivremmo tutti nelle grotte vestiti di pelli di lupo e non esisterebbe una società civile. La cassetta della posta che non viene mai riparata, tu che ci impazzisci ma aspetti sempre che sia lui a chiamare il fabbro per far sostituire il cilindro della serratura e lui che tanto non lo fa mai. Lui che dal canto suo spende un sacco di soldi per questa nuova diavoleria di internet e tu che sei convinta che non serva a niente e che avremmo potuto benissimo continuare a campare senza. Tu che gli dici che dovrebbe invitare più spesso i colleghi perché dobbiamo ricambiare tutti i loro inviti a cena che si stanno accumulando e “come faremo” e “tu non capisci che io mi spezzo la schiena” eccetera eccetera. Lui che non ha voglia, poi si convince, lo fa, e tu che gli dici che ti ha dato troppo poco preavviso e che non riuscirai mai a preparare un menu decente in due giorni e “come faremo” e “allora tu davvero non capisci che io mi spezzo la schiena” eccetera eccetera di nuovo. Tu che dici che non facciamo mai una vacanza, lui che dice che non ha voglia di sbattersi in giro per chissà quale paese in cui non sanno nemmeno fare un caffè, tu che fai notare che i Benassi sono stati a Sharm el-Sheik, lui che non ne può più e un giorno torna con degli opuscoli sul mar Rosso dell’agenzia di viaggi vicino all’ufficio, e tu che dici che se lui deve farlo così di malavoglia allora tanto vale non andarci. Siete una coppia orrenda. Non vi sopportate da quando la mia memoria ha inizio. Cosa ci fate insieme? Ancora insieme, intendo? È la paura di cosa accadrebbe se vi mollaste? Lo fate per me e Lara, in modo da potercelo gioiosamente rinfacciare un giorno? O è solo che a furia di sopportarvi, o non sopportarvi, la vostra vita si è ridotta a una dipendenza reciproca dalle miserie l’una dell’altro? Spiegamelo, perché io non lo so.» (Alice BASSO, "Non ditelo allo scrittore", Garzanti, 2017)
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