sabato 22 ottobre 2016

#SGUARDI POIETICI / Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo (Gaio Valerio Catullo, trad. S. Quasimodo)

Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo,
e ogni mormorio perfido dei vecchi
valga per noi la più vile moneta.
Il giorno può morire e poi risorgere,
ma quando muore il nostro breve giorno,
una notte infinita dormiremo.
Tu dammi mille baci, e quindi cento,
poi dammene altri mille, e quindi cento,
quindi mille continui, e quindi cento.
E quando poi saranno mille e mille,
nasconderemo il loro vero numero,
che non getti il malocchio l’invidioso
per un numero di baci così alto.

*** Gaio Valerio CATULLO, 84-54 a.C, poeta latino, Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo, traduzione di Salvatore Quasimodo, Carmina, carme V, da Canti, Mondadori, 1973


In Mixtura 1 altro contributo di Salvatore Quasimodo (Mimnermo) qui

Testo originale (in latino)

Vivamus, mea Lesbia, atque amemus
rumoresque senum severiorum
omnes unius aestimemus assis.
Soles occidere et redire possunt:
nobis, cum semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda.
Da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum.
Dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus illa ne sciamus,
aut nequis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum.

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