sabato 20 agosto 2016

#FAVOLE & RACCONTI / Grande Vecchio e lo scorpione (M. Ferrario)

Grande Vecchio e Piccolo Uomo hanno lasciato la grotta per scendere più a valle.
Vista la bella giornata, hanno deciso di fare una passeggiata e ora stanno camminando lentamente lungo i bordi di un torrentello. 
L'aria mite, il sole dolce, il cielo blu intenso senza neppure una nuvola, lo stormire degli alberi e il suono fresco dell'acqua che zampilla sui sassi: tutto invita alla meditazione.
Grande Vecchio si gusta, in silenzio e con intensa partecipazione, la bellezza della natura, cercando di vivere ogni momento della passeggiata con il massimo di presenza.

Ad un certo punto Piccolo Uomo è attratto da una pozza, larga e profonda, creata dal corso d'acqua in una sua breve diramazione. 
Vede movimento in superficie e si avvicina incuriosito. 
Grande Vecchio lo segue. 
Nella pozza, uno scorpione si agita: probabilmente caduto da un sasso, sta per annegare. 
Piccolo Uomo vorrebbe intervenire, ma ha timore di essere punto. 
Grande Vecchio, invece, si china con decisione sull'animale e con la mano cerca di prenderlo per depositarlo all'asciutto. 
Ma lo scorpione, subito, gli punge un dito e lui, con una reazione automatica immediata, lascia la presa, facendo ricadere in acqua l'animaletto. 
Il ragazzo si preoccupa. 
«Grande Vecchio, attento, gli scorpioni possono essere velenosi». 
Grande Vecchio sorride, guardandosi il dito appena punto: c'è solo una macchiolina rossa. Se lo mette in bocca e lo succhia per qualche secondo.
Poi si china ancora verso la pozza d'acqua: lo scorpione continua ad annaspare.
Riprova con l'altra mano. 
Ma anche stavolta lo scorpione lo punge.
Piccolo Uomo insiste:
«Non c'è niente da fare. E' nella natura di questi animali pungere. Ti conviene lasciar stare, Grande Vecchio»

Grande Vecchio non perde la calma e neppure il sorriso. 
«Hai ragione, figliolo. E' nella loro natura far male: lo fanno perché vogliono difendersi. Ma fa parte dei miei principi cercare di aiutare chi è in difficoltà.»
Il ragazzo non vuole contraddirlo, ma non è convinto.
«Ma si può aiutare chi non si vuole fare aiutare e addirittura ti fa del male?»

Grande Vecchio riflette. 
Si guarda in giro.
Si avvicina ad un albero e strappa una foglia tra le più grandi.
Poi si inginocchia ai lati della pozza.
Immerge la foglia nell'acqua, la passa lentamente sotto il corpo dello scorpione e quindi, con cautela, solleva la foglia su cui è adagiato l'animale e la posa ai suoi piedi, sulla terra asciutta.
Lo scorpione resta immobile per un po', come per essere sicuro di essere in salvo.
Poi, sempre molto guardingo, prima muove qualche passo, sempre rimanendo sulla foglia. Quindi, rinfrancatosi, abbandona la foglia con decisione e corre a nascondersi sotto un sasso.

Grande Vecchio, soddisfatto, guarda il ragazzo. 
«Forse ho risposto alla tua domanda...».
Piccolo Uomo non può che  assentire.
«Sì, Grande Vecchio, anche stavolta mi hai insegnato».

Grande Vecchio guarda l'acqua che scorre, i ciottoli a riva, le piante che fanno ombra a fianco del torrentello.
Lo scorpione, sfuggito alla morte e tornato libero, è scomparso.
«Forse, figliolo, è più esatto dire che insegnante è stato lo scorpione. Io ho solo appreso».

Piccolo Uomo non è del tutto convinto.
«Però lo scorpione ti ha punto due volte. Se tu non avessi avuto l'idea della foglia, sarebbe morto annegato».
«Già. E io sarei stato complice della sua morte.
Il ragazzo aggrotta le sopracciglia.
«Ma perché, Grande Vecchio? Che c'entravi tu?»

Grande Vecchio pone una mano affettuosa sulla spalla di Piccolo Uomo.
«Forse non la mia natura, ma certo i miei principi e la mia coscienza mi chiedono di fare sempre il possibile per aiutare l'altro, chiunque esso sia: uomo o animale. Se avessi rinunciato, lasciando annegare lo scorpione, mi sarei assolto, dicendo a me stesso che non c'era nulla da fare e scaricando sullo scorpione la responsabilità della sua morte. Lo scorpione invece ha messo alla prova me e le mie convinzioni profonde. Lui pungeva, perché è nella sua natura pungere, ma i miei principi mi imponevano di aiutarlo. Così è nata l'idea della foglia. Lo scorpione ci ha insegnato che è possibile non cambiare ciò in cui crediamo anche quando qualcuno o qualcosa ci procura del male. Basta trovare la soluzione pratica che meglio si adatta alla situazione, senza che veniamo meno ai nostri convincimenti più profondi. Insomma, senza che tradiamo i nostri valori, i nostri principi, la nostra stessa visione del mondo: in definitiva, tutto ciò che forma la nostra coscienza. La coscienza è il nostro unico riferimento: e ad essa dobbiamo rispondere, senza alibi o inganni».

Piccolo Uomo è intento a riflettere in silenzio.
Grande Vecchio allarga la faccia in un sorriso benevolo.
«Ma adesso basta, figliolo. Ho parlato anche troppo. Disturbando la bellezza e l'armonia di questa magnifica giornata. E poi, più sono le parole che si spendono, più aumenta il rischio di retorica. Una brutta bestia, la retorica: questa sì, non come il povero scorpione che si limita a pungere qualche dito. Perché è con la retorica che alimentiamo il nostro narcisismo ed è con la retorica che tendiamo a nascondere la nostra incapacità di agire con coerenza, beandoci di dire senza fare. Ora, Piccolo Uomo, pagherò pegno per il troppo che ho detto e rimarrò in silenzio fino a sera. Intanto, torniamo alla nostra passeggiata e riempiamoci occhi e anima del panorama che il mondo qui attorno ci offre. E' uno spettacolo che la natura ci regala senza chiederci un soldo. E in più, come abbiamo visto, possiamo pure apprendere: cosa vogliamo di più...?».

*** Massimo Ferrario, Grande Vecchio e lo scorpione, 2016, per Mixtura - Rielaborazione di una favola zen, riportata anche in internet.


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