sabato 25 giugno 2016

#MOSQUITO / Vecchi, in Occidente (Umberto Galimberti)

In Occidente si invecchia male, perché i valori che regolano la nostra cultura sono sostanzialmente quello biologico, quello economico e quello estetico, rispetto ai quali la vecchiaia appare in tutta la sua inutilità, perché biologicamente decadente, economicamente improduttiva, esteticamente degradata. 
Questa non rispondenza della vecchiaia ai valori dominanti nella nostra cultura aggiunge alla condizione senile una tristezza ulteriore, che rende più drammatico ai vecchi assistere all’inevitabile decadimento del proprio corpo, a cui si aggiunge un progressivo disinteresse per il mondo, che oggi cambia troppo velocemente rispetto alle capacità di adattamento della persona anziana, che perciò si sente inevitabilmente emarginata in quanto improduttiva e non più bella. Il fattore bellezza, così esaltato dalla nostra cultura, induce il vecchio ad accantonare quella pulsione d’amore che nella vecchiaia non si estingue, ma viene semplicemente messa da parte, per pudore, per vergogna, perché il nostro costume l’ha per intero con-segnata a chi è in grado di esprimere bellezza e giovinezza.
Nel Levitico (19,32) leggiamo: «Onora la faccia del vecchio», perché nelle culture primitive il vecchio era depositario di sapere e di esperienza, per cui, come dice Max Weber, moriva ‘sazio’ e non ‘stanco’ della vita. 
Oggi, grazie alla scienza e alla tecnica, disponiamo di archivi di informazioni che spiazzano la saggezza senile che perciò diventa superflua. Se a ciò si aggiunge che i vecchi hanno spesso difficoltà ad accedere ai mezzi tecnologici dove circola il sa-pere, all’invecchiamento fisico si aggiunge quello che Mario Barucci, autore di libri importanti sulla vecchiaia, chiama 'invecchiamento psicologico' dove, come capita a tutti noi, ma a maggior ragione alle persone anziane, le capacità cognitive diminuiscono non solo per il decadimento biologico, ma anche e soprattutto perché alle persone anziane più non giungono messaggi che attestino, interesse, coinvolgimento emotivo e perché no: amore. E questo perché i vecchi, in fondo, rappresentano, col loro stesso corpo e con la tristezza dipinta sul loro volto, quel che ineluttabilmente ci attende, e da cui distogliamo ogni giorno il pensiero. 

*** Umberto GALIMBERTI, filosofo e psicoanalista, Invecchiare in Occidente, rubrica ‘lettere’, ‘D’, 6 novembre 2010


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