lunedì 22 febbraio 2016

#LIBRI PREZIOSI / "Al posto tuo", di Riccardo Staglianò (recensione di M. Ferrario)

Riccardo STAGLIANO', "Al posto tuo. 
Così web e robot ci stanno rubando il lavoro", Einaudi, 2016
pagine 262, € 18,00, formato ebook € 9,99

Forse siamo ancora in tempo
Se siamo tipi ansiosi, che cercano di non pensare al futuro perché siamo già spaventati dall'oggi, questo libro, quanto mai problematico, acuto e preciso, ricco di fatti e di argomenti che toccano l'economia e il lavoro di oggi e di domani,  non fa per noi. 
In questo caso, però, è bene sapere che stiamo facendo gli struzzi: perché ciò che accadrà sta già accadendo e ci cascherà addosso ancora più violentemente quanto meno saremo preparati a capire la rivoluzione in cui siamo. 

Del resto il titolo, Al posto tuo, dice già tutto, essendo in parte una minaccia e in parte la constatazione realistica di qualcosa che è già accaduto: significa cioè che i posti di lavoro che stiamo occupando, anche quelli meno precari e figuriamoci gli altri, sono e saranno sempre meno 'nostri' perché le 'macchine' (robot e software), sempre più intelligenti, ci stanno ampiamente sostituendo. E ci sono esempi a profusione che lo confermano: per mansioni non solo ripetitive, ma anche creative.

Riccardo Staglianò, giornalista da anni attento a questi temi, ha condotto un'indagine impietosa e dura, intervistando i protagonisti dell'innovazione e mettendo in discussione gli slogan alla moda dell'economia condivisa, proposta da molti come il nuovo paradiso in terra. L'idea era quella di non cedere all'ottimismo a priori, che anche in questo caso vende futuri rosei per tutti; ma anche di non farsi prendere dal pessimismo apocalittico. E questa, tra Scilla e Cariddi, sembra essere stata la linea rigorosamente seguita nel libro: niente 'pancia' e solo 'testa', con tanti fatti e tanti numeri al posto delle dichiarazioni retoriche.

Il risultato, nonostante la leggerezza dello stile giornalistico che fa correre le pagine con piacevolezza, stimolando attenzione e curiosità anche attraverso l'alternanza dei mercati del lavoro presi in esame e collezionando aneddoti spesso più significativi di lunghe spiegazioni, è comunque allarmante. Molto, direi. E anche l'argomento consolatorio (ancorché dubbio), sempre usato per il passato quando si vuole dimostrare che i luddisti ebbero torto all'epoca dell'innovazione meccanica, perché l'economia comunque progredì e il mercato del lavoro produsse più posti di quanti se ne perdevano, sembra rivelarsi in questo caso del tutto inconsistente: la distruzione dei posti di lavoro provocata dalla sinergia tra web, software e robot, per la prima volta tra le posizioni anche creative e quindi fra i colletti bianchi e la classe media, pare essere irrimediabile e non compensabile. Lo dimostrano i numeri già oggi e lo minacciano le tendenze estrapolate per il domani, che smontano le dichiarazioni contrarie di chi ha interesse a promuovere la robotizzazione dei lavori, facendo credere che l'unico effetto è quello di liberare i lavoratori creativi delle attività più noiose.

Come sempre capita, ad un'analisi serrata e quanto mai convincente nella sua asprezza, supportata da molti dati  e appoggiata ad una logica scrupolosa, segue un che fare alquanto debole. 
E Staglianò lo ammette, anche se prova ad immaginare forti soluzioni redistributive attraverso la leva fiscale, redditi di base più o meno generalizzati o addirittura la partecipazione azionaria diffusa alle aziende produttrici di robot da parte dei lavoratori estromessi dal mercato del lavoro. 

Com'è ovvio, nessuno ha la bacchetta magica. E la difficoltà di individuare delle risposte serie e praticabili a problemi tanto complessi è la conferma che stiamo vivendo tempi di cambiamento eccezionale: per i quali urgerebbe uno sforzo eccezionale di presa di coscienza, di tutti, ma in particolare della Politica: se ancora esistesse e se sapesse riprendersi la maiuscola per giocare una funzione di orientamento e guida anche sull'economia e la finanza. A meno che non ci si sia ormai già convinti di essere tutti fuori tempo massimo e che il nostro ruolo di 'apprendisti stregoni', fin qui consapevolmente o inconsapevolmente giocato, abbia prodotto un Sistema da lasciare ormai a se stesso, perché ingovernabile e fuori controllo.

Il merito di questo contributo, prezioso, di Staglianò sta nel farci ancora riflettere: ci riguarda tutti, perché tutti possiamo meditare sulla faccia-ombra dell'innovazione tecnologica e sulle conseguenze dei nostri comportamenti, sempre più interdipendenti. Ma certo, benché fatichi a sperarlo, mi augurerei che il suo libro diventasse oggetto di dibattito alto e impegnato di tutti coloro che hanno potere di influenzare le politiche del lavoro.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura
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Una macchinetta emette in media circa 500 biglietti al giorno e può costare, manutenzione inclusa, «qualche decina di migliaia di euro». Un bigliettaio umano, in un turno, ne emette circa 200 e costa almeno il doppio ogni anno. Su chi puntereste voi, se l’unica bussola fosse il risparmio? (Riccardo Staglianò, Al posto tuo. Così web e robot ci stanno rubando il lavoro, Einaudi, 2016)

Perché le macchine, dopo aver sostituito i colletti blu, i lavori di fatica che generalmente (crisi permettendo) non rimpiangiamo, rimpiazzano anche i colletti bianchi, i mestieri intellettuali che volentieri terremmo per noi. Ieri erano in grado solo di fare le braccia, oggi anche il cervello. Così se perdi il lavoro in manifattura puoi scoprire con orrore che anche nei servizi non c’è più posto perché, dicono, un algoritmo risponde alle chiamate piú e meglio di una centralinista in carne e ossa. Neppure il fatto di appartenere alle vecchie élite delle professioni cognitive ti mette più veramente al riparo. Medici, avvocati, giornalisti, analisti finanziari, professori universitari: There’s an app for that! C’è un’applicazione per quello, e domani anche per tutto il resto. Non lo sostengo io. È l’allarme che, con accenti diversi, danno da qualche tempo i migliori economisti del mondo. (Riccardo Staglianò, Al posto tuo. Così web e robot ci stanno rubando il lavoro, Einaudi, 2016)

Quattordici: il numero di dipendenti che Amazon impiega per ogni 10 milioni di dollari generati. Prima, per i negozi tradizionali, erano 47. Oltre tre volte tanto. 
Ecco, fermiamoci un attimo su questo dato, calcolato dall’Institute for Local Self-Reliance di Washington a partire dai numeri forniti dallo Us Census. Sebbene Amazon assuma (quasi 30 mila dipendenti nel 2013), finisce per distruggere molti piú posti di lavoro di quanti ne crei. D’altronde il fondatore Jeff Bezos sembra pensare dei lavoratori la stessa cosa del suo omologo di Uber Travis Kalanick: una volta che li avremo totalmente fatti fuori dall’equazione, è il senso, il nostro prodotto sarà davvero perfetto. Amazon l’ha capito sin da subito, sia per quanto riguarda il versante più fisico (la gestione del magazzino) che quello più intellettuale (i contenuti del sito), soprattutto per quanto riguarda la merce più preziosa, ovvero i dati sul comportamento dei clienti. Con notevole anticipo rispetto al web 2.0 propriamente detto, l’azienda di Seattle è stata la prima a intuire che tutto quel che poteva essere esternalizzato agli utenti sarebbe stato un enorme risparmio. Così ha iniziato con le recensioni dei libri. Perché chiederle ai professionisti, con la loro caratteristica e fastidiosa pretesa di essere pagati, quando ci sono migliaia di dilettanti pronti a scriverle gratis? Il capolavoro è stato vendere un sistematico taglio di costi come la prova ontologica della democraticità dell’azienda. Ed era, appunto, solo l’inizio. La parte più sofisticata riguarda i consigli al lettore: se hai comprato questo, allora ti potrebbe piacere anche quest’altro. All’inizio Amazon aveva assunto redattori per fare ciò che i librai hanno sempre fatto: raccomandare libri. Ma presto ha capito che gli algoritmi erano sicuramente piú economici e forse addirittura piú efficaci. Il «team personalizzazione», nome in codice P13N, ha così cominciato a sostituire le raccomandazioni fatte dagli umani con quelle ottenute in automatico dal software dopo aver analizzato la storia degli acquisti passati da cui dedurre inferenze statistiche su potenziali acquisti futuri. (Riccardo Staglianò, Al posto tuo. Così web e robot ci stanno rubando il lavoro, Einaudi, 2016)
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