martedì 29 settembre 2015

#SPILLI / Comunicare, ma anche no (M. Ferrario)

Questo mito per cui si deve sempre comunicare, scambiare, discutere con chiunque è appunto un mito.
Forse anch'io, in un passato lontano, ci sono cascato dentro. 
Se così è stato, però, confesso che ormai da anni non ci credo più.

Per 'mettere in comune' occorre ci sia in partenza qualcosa di 'comune'. 
Zero più zero fa zero: perché sono del tutto assenti gli ingredienti per una sinergia che possa cambiare il risultato di una pura somma aritmetica.
Da 1 in poi, invece - se si vuole, con fatica, con pazienza, accettandosi reciprocamente - forse si può costruire.
Insieme.

Non sto affermando l'ideale di un 'idem sentire'. Ma almeno un 'idem videre' ha da esserci. 
Parziale fin che si vuole, ma ci vuole. E' la precondizione per uno scambio: anche divergente, anche acceso, anche ostinato. Ma che parte da un nocciolo di base condiviso.
Se io e l'altro stiamo vedendo due film diversi della stessa realtà che ognuno di noi vive per conto suo e siamo convinti che il nostro film sia quello che assolutamente meglio rappresenta la realtà (addirittura: l'unico film che la riproduce 'oggettivamente'), possiamo aguzzare la vista e, alla moviola, metterci alla ricerca almeno di qualche fotogramma comune. 
Ma se neppure un fotogramma riesce a unire qualcosa delle nostre due visioni, occorre prenderne atto: ognuno stia nel suo cinema e si guardi il suo film. 

Si può inneggiare al dialogo fin che si vuole, ma se viene meno il terreno da cui partire, non c'è dialogo. 
E non ci sono neppure due monologhi: si disturberebbero a vicenda, se pretendessero di farsi ascoltare
C'è semplicemente lo spazio di una distanza, anche spaziale, oltre che psicologica, che va accettata come tale. Perché non può - tecnicamente- essere resa 'vicina'.

Anche la resa è cosa buona e giusta: 'comunicare' (mettere in comune) non è un dovere. 
E in particolare non è un dovere comunicare con chiunque.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

2 commenti:

  1. Bella la metafora della comunicazione come individuazione dei fotogrammi "in comune" dei propri film della realtà ! All' inizio sarà solo una successione più o meno caotica di fotografie senza apparente relazione fra loro, e non è detto che si riesca a montare insieme uno spezzone di pellicola, almeno un "trailer" in comune. Ma anche così, unendo con dei "trait d' union" le foto sparpagliate, come nel famoso giochino della Settimana Enigmistica, "qualcosa apparirà". Concordo. La comunicazione, alla fin fine è solo questa. E sarebbe già "grasso che cola" :-)

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  2. Già. Sarebbe 'grasso che cola''
    Ma per vedere colare questo grasso occorre che gli interlocutori ce la mattano tutta. Per trovare qualcosa in comune. Cioè: che vogliano...;-)

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