venerdì 29 maggio 2015

#LIBRI PREZIOSI / Babel, di Zygmunt Bauman e Ezio Mauro (recensione di M. Ferrario)

Zygmunt BAUMAN e Ezio MAURO, "Babel", Laterza, 2015
160 pagine, € 16,00, ebook € 9,99

Uno scambio a due sui temi di fondo della società attuale: da una parte uno dei massimi sociologi dei nostri tempi, Zygmunt Bauman; dall'altra, il direttore di 'Repubblica', che dimostra di saper maneggiare alla pari con l'interlocutore, con competenza e vivacità di stile espressivo, la complessità dei problemi.

Una conversazione di alto livello, approfondita, ampia e senza pietà: che lancia domande sulla nostra democrazia all'epoca della globalizzazione e della internettizzazione invadente, dell'indebolimento delle sovranità nazionali, della de-responsabilizzazione crescente dei cittadini, del ruolo della stampa nel cercare di restituire al flusso informativo in cui siamo immersi un quadro interpretativo che collochi i fatti nel contesto, dando loro un 'senso': nella duplice accezione di 'significato' e 'direzione'.
Due punti di vista che si integrano, rilanciandosi con abilità la palla e rinforzando i reciproci pensieri. Riferimenti storici puntuali, rimandi concettuali frequenti a sociologi e politologi, presenti e passati, citazioni note e meno note: tutto serve per scavare il presente, problematizzando le questioni che toccano l'esigenza di un nuovo 'con-vivere', meno passivo, rassegnato e assente, ma finalmente padroneggiato da tutti noi, singoli e gruppi, non più sudditi.

Spesso l'analisi sembra portare a una conclusione senza scampo. Siamo nelle mani di un mondo che ci sovrasta e determina: sballottolati dalle ondate, possiamo solo attendere un annegamento che sembra ineluttabile. Ma ambedue gli interlocutori mantengono aperto almeno uno spiraglio di speranza, intravvedendo, tutto sommato e ancora, una volontà e una possibilità di autodeterminazione. Come afferma Ezio Mauro, nelle pagine finali: «Vale la pena di rifarsi ad un passaggio fondamentale del Maestro e Margherita, che durante la dittatura sovietica veniva letto in Russia come una profezia, nonostante tutto: nonostante il peso della realtà, i rapporti di forza, il dominio di un potere costruito per resistere nell’eternità: "Tutto può ancora accadere, perché nulla può durare per sempre". Questa frase di Bulgakov basta per schiudere l’orizzonte.»
Anch'io vorrei che questa frase bastasse a 'schiudere l'orizzonte'. Anche se devo confessare che la mia personale 'speranza', se era 'disperante' prima della lettura di questo bel saggio, ha qualche ragione in più per essere al lumicino. Ma forse, dati i tempi, dobbiamo accontentarci del lumicino, pur timido e tremolante. E del resto, finché ci saranno persone che sanno 'pensare' come i due interlocutori del libro e non smettono di farlo, con inquietudine testarda per poter davvero 'intelligere' (secondo l'etimologia che richiama il saper 'cogliere i nessi'), non tutto è perso. 
Almeno ad una condizione, però, ovviamente: che i due non rimangano due.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

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Come Richard Sennett ha suggerito di recente, un dialogo che voglia favorire una coabitazione reciprocamente benefica che aiuti a eludere i trabocchetti della prossimità delle differenze dev’essere, nella sua disposizione di fondo, informale, aperto e cooperativo (come opposto di contestativo o combattivo). Informale: dev’essere avviato senza un’agenda predeterminata e regole procedurali, con la speranza che l’una e le altre emergano nel corso del dialogo stesso. Aperto: dev’essere avviato con la volontà da parte di ognuno di assumere il ruolo di discenti oltre a quello di docenti, accettando così la possibilità di scoprirsi sul versante dell’errore. Cooperativo: dev’essere considerato come un gioco a somma più che zero, poiché il suo scopo non dev’essere di dividere i partecipanti in vincenti e perdenti, ma di permettere a ognuno di venirne fuori arricchito di conoscenza e sapienza. 
La formula di Sennett è una cosa tutt’altro che facile nell’applicazione concreta; non è assicurata contro gli errori di conduzione e il suo successo non è affatto garantito. Ma date le condizioni, che noi non abbiamo scelto, l’opzione di quella formula e il serio tentativo di farla funzionare è ciò che può fare la differenza sul lungo termine fra il sopravvivere insieme e il perire insieme. Ed è anche, comunque, la prima vocazione, dovere e responsabilità di tutti e singoli i cittadini di un paese democratico. (Zygmunt Bauman, Babel)

In realtà anche la parola viene sempre più spesso ridotta a segno, o almeno a segnale: pensa all’abuso di acronimi. Se ieri il medium era il messaggio, ora il medium può fare a meno del messaggio. I ragazzi si scambiano col cellulare segnali vuoti per salutare, sollecitare, confermare, e l’impulso riassume definitivamente la parola e il vuoto, sostituendoli. D’altra parte se la tua identità è quella di un punto in una rete e il tuo sistema è fatto di nodi, la questione vitale diventa quella di pulsare, partecipare al grande battito più che al vecchio dibattito, non perdere il ritmo, non uscire dal cerchio. Sentire è necessario più che capire, è una facoltà e non uno sforzo. Al centro della rete – ognuno è al centro e alla periferia del web – io vivo connesso alle emozioni altrui, alle sensazioni degli amici, alle reazioni di sconosciuti, alle informazioni del flusso, alle selezioni prodotte dai social network, alla «folla delle impressioni vaganti e volatili», come dici tu. Io sento, dunque sono. Io sono in rete, dunque sento. (Ezio Mauro, Babel)
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