giovedì 23 aprile 2015

#VIDEO #SOCIETA' #SPILLI / 25 aprile, che ne sanno i giovani? (E. Giovannini, M. Ferrario)


Cosa sanno i giovani del 25 aprile, festa della Liberazione?
servizio di Eva Giovannini, Ballarò, Rai3, 21 aprile 2015
video, 3min18

«Cosa sanno i giovani del 25 aprile?».
La domanda è retorica. Perché la risposta, come si sa anche senza rivolgerla, non può che essere disarmante. 
Deprimente. 
E per nulla incredibile, purtroppo.
Potremmo allora chiederci cosa noi, adulti, abbiamo fatto, o facciamo, perché la risposta sia diversa.
Ma sarebbe, anche questa, una domanda retorica. 
Certo, nel vedere questi giovani (giovani: non bambini alle elementari), che ignorano totalmente una data tanto fondamentale nella storia della Repubblica o che, quando vengono informati, svalutano o minimizzano questa festa rispetto ad altre, avendo perfino il coraggio, incosciente, di dire che «il fascismo dipende, da come viene interpretato», qualche (sana) reazione aggressiva anche nei loro confronti sarebbe giustificata. 
Hanno l'età per essere responsabili di se stessi. E della loro ignoranza. 
Hanno l'età non solo per ricevere informazioni che qualcuno gli debba elargire, ma anche per andarsele a cercare per conto loro. 
E se non lo fanno, non si possono solo tirare in ballo le colpe (che pure esistono) degli adulti: la scuola, i genitori. 
Strumenti per sapere abbondano. Non solo attorno a noi: siamo dentro un flusso continuo di informazioni. E sono pure gratuite. 
Basta volere.
Quindi il non sapere, il disinteresse, l'indifferenza, l'inconsapevolezza stupida e beota sono una scelta. Di giovani e adulti. Di una intera società. 
Che nega se stessa, essendo disinteressata ad essere società. Avendo deciso di fermarsi ad una semplice somma di individui, in cui ognuno pensa e guarda a se stesso. 
E già 'pensare' è una parola grossa. E 'guardare' è un verbo sprecato, così confinato, in via esclusiva e in modo compiaciuto, al proprio ombelico.
Non meravigliamoci se la democrazia è allo stato in cui è. Se non provvederemo, partoriremo un futuro ancora peggiore. 
Non lo dicono i cosiddetti gufi. Ce lo gridano in faccia questi giovani intervistati. 
Ignari di chi è morto anche per loro.
Senza retorica. Soltanto fatti. (mf)

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