lunedì 30 marzo 2015

#SPILLI #SPOT / Non leggiamo: la fandonia dei libri cari (M. Ferrario)

Gli Italiani spendono il 7,1% della spesa complessiva in attività culturali e ricreative.
Solo il 47,1% legge 1 quotidiano almeno 1 volta la settimana.
E soltanto il 41,4% legge 1 libro nell'arco di 1 anno.
Mi pare ovvio che non siamo messi molto bene quanto a volontà di lettura di giornali e libri.
Si dice: i prezzi dei consumi culturali, e quindi anche dei libri, sono troppo alti.
Ma l'affermazione non regge.
Basti pensare che le novità librarie del 2014 e dei primi 3 mesi del 2015, tra i libri compresi nella fascia da 5 a 8 euro, sono state 9.172.
Non poche, mi pare.
Una mappa di quasi 10mila titoli. Tra i 5 e gli 8 euro.
Dunque, non inventiamoci alibi. Se uno vuole leggere, legge. La crisi economica in questo caso non c'entra nulla.
Siamo ignoranti. Punto. 
Nonostante tutti si sappia (o si dovrebbe sapere) che solo un popolo che conosce e pensa può essere 'cittadino'. 
Perché solo i cittadini, come dice il termine 'demo-crazia', sono in grado di esercitare potere. 
Se lo subiscono, non essendo in grado di capire, agire e reagire, sono sudditi. (mf)

***  Massimo Ferrario, per Mixtura. Dati tratti da Giuliano Vigini, Il piacere di leggere ha un prezzo (anche basso), rubrica 'il numero', in 'La Lettura', 29 marzo 2015.

«Si chiama libro.
Si può leggerlo senza bisogno di uno schermo.
Le pagine sono tutte accessibili e non scompaiono
in caso di mancanza di corrente elettrica.
E' più leggero di un portatile.
Non sarà obsoleto il mese prossimo.
E lei può anche prestarlo a suo padre
senza dovergli spiegare come usarlo.»
(dal web, disegno e testo di autore ignoto)

° ° °


(dal web, autore e fonte ignoti)

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(dal web, autore e fonte ignoti)

2 commenti:

  1. Concordo pienamente con la tua diagnosi dott. Ferrario! I "consumi culturali", di cultura vera, quella che non si consuma mai, non sono mai stati cosí a buon mercato (ahimé, mercato sí, come ai tempi di Gutenberg), anche approfittando di nuove opportunitá, alle quali mi sono pure convertito con grande soddisfazione, come l' e- book reader che ti permette di fruire di intere biblioteche a costi irrisori. Non ci sono alibi, non ci sono alibi che tengano. Si abbia il coraggio di ammettere che quel 59 % che non legge neppure un libro all' anno trattasi di individui avulsi da qualsiasi barlume di pensiero autonomamente critico. Un sonno della ragione che anno dopo anno genera mostricciattoli, e ogni ventennio qua e lá pure qualche mostro.

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  2. Cantava una famosa 'filosofa, nel 1966, in quel di Sanremo: «La verità fa male lo so»: era Caterina Caselli, mai stata un mio grande riferimento ideologico-culturale, ma senz'altro una rappresentante autorevole del nazionalpopolare.
    Continuo a pensare che l''esame di realtà', anche accontentandoci della Caselli e senza scomodare Freud, resti la condizione indispensabile, ancorché insufficiente, per modificare i comportamenti ed evitare gli alibi.
    Mi sono 'scontrato' più volte con chi sostiene che la colpa dei vergognosi indici di non-lettura di noi italiani è dei prezzi alti: non avevo sottomano i numeri di Vigini, ma, ad esempio, facevo lo stesso suo ragionamento fondato sulla quantità abnorme di libri economici (per tutti, su tutto) da cui siamo invasi. Del resto, se le librerie chiudono e lasciano il posto a negozi di abbigliamento più o meno firmato o a pizzerie, vuol dire che, anche con la crisi economica perdurante, abbiamo deciso di spendere soldi, anziché in libri, in abbigliamento e pizza.
    Sono scelte che facciamo. Noi, non altri. Potremmo cambiare scelte, ma evidentemente ci va bene così.
    Anche l'ignoranza può piacere. Basta saperlo.
    E sapere pure, però, che l'ignoranza ha un costo. Individuale e sociale.

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