sabato 24 gennaio 2015

#VIDEO #IMPRESA #RITAGLI / Adriano Olivetti e Steve Jobs

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-59af4dcd-4a1a-429c-8730-86419fe6b989.html

Adriano OLIVETTI (1901-1960) e Steve JOBS (1955-2011)
La passione per il futuro, RaiTv, 'Correva l'anno', 21 giugno 2011
video 51min40, 


Un video dedicato a due grandi personalità apparentemente lontane ma che, invece, hanno molto in comune. 
Un’ intervista con l’ing. Carlo De Benedetti, ex presidente della Olivetti e presidente del Gruppo editoriale L’Espresso, aiuterà a capire meglio il percorso umano e professionale di Adriano Olivetti e quali siano le somiglianze e le affinità con Steve Jobs. (da RaiTv)


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Un video ben costruito, ricco di fatti, storicamente documentato: per conoscere due imprenditori, magari non così somiglianti come qui appare, ma che senz'altro hanno lasciato un segno nella storia dell'impresa e della cultura.

Come 'contraltare', pubblico qui sotto un estratto di Goffredo Fofi, noto intellettuale e critico letterario e cinematografico, assai duro su Steve Jobs, il suo mito, i giovani che vi inneggiano.
L'articolo da cui è tratto il pezzo è stato pubblicato in occasione della morte di Steve Jobs, come voce quasi unica fuori dal coro dei laudatores. (mf)

(...) Perché i giovani pensano di dovere davvero qualcosa a Steve Jobs, con la loro possibilità di usare i suoi strumenti e di ricavarne diletto, conoscenza e comunicazione con gli altri. Come se il diletto rendesse più intelligenti e padroni di sé, la conoscenza enciclopedica e l’immediatezza delle notizie fossero sinonimo di cultura viva, e la comunicazione mettesse davvero in relazione con l’altro e permettesse uno scambio, un’interazione, un’azione. Come se i “mezzi” diventassero il fine nel momento stesso in cui lo tradiscono e negano, in cui creano nuove dipendenze, nuove droghe della coscienza invece che quella comunicazione che ci veda solidali in progetti comuni di liberazione.
C’è poco da sperare in una gioventù così succube dei media, e oggi non soltanto del loro discorso ma dei suoi strumenti “democratizzati”, alla portata di (quasi) tutti. L’unico effetto davvero positivo che è possibile riconoscere ai nuovi mezzi messi sul mercato dal “titano” Jobs (Il titano fu il titolo di un mirabile e dimenticato romanzo di Theodore Dreiser sulla figura del Capitalista americano, e l’impalcatura della vicenda non è affatto cambiata da allora) è quello di aver ridotto sensibilmente, forse enormemente, l’impatto della televisione, ma così come i nuovi mezzi alla Jobs ne sono la continuazione, così il fatto di possedere un proprio apparecchio televisivo portatile con programmi più vari, con un diluvio di programmi, di avere una specie di televisione propria emittente-ricevente non è un segno certo di liberazione ma invece di nuova e sempre più capillare sudditanza. Sì, Jobs è un’altra incarnazione del Grande Fratello dimostrato e denunciato da Orwell. E insomma, c’è non molto di nuovo sotto il sole, a parte le malattie concrete della Terra.
Schiavi della macchina che pensa per noi, come sempre? Uomini-macchina come, diceva Simone Weil, era nelle aspirazioni dell’umanità moderna e in modi più raffinati e più completi è dell’umanità post-moderna, con le sue avanguardie giovanili? Steve Jobs non è stato un benefattore dell’umanità, ma uno dei suoi più attuali e raffinati oppressori.
*** Goffredo FOFI, 1937, giornalista, saggista, critico letterario e cinematografico, estratto da Steve Jobs e il pianto dei giovani, l'Unità, 16 ottobre 2011 

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