lunedì 26 gennaio 2015

#VIDEO #IMPRESA / Modello d'impresa Adriano Olivetti e realtà attuale


Giuseppe VARCHETTA, 1940 
psicosocioanalista, esperto di sviluppo organizzativo
Il modello Adriano Olivetti e l'organizzazione oggi, dicembre 2013
Focus Adriano Olivetti
video, 12min26

Giuseppe Varchetta è figura 'storica' dello sviluppo organizzativo e della formazione in Italia.
In questa conversazione ricorda le diverse specificità, preziose, del modello di Adriano Olivetti: tutte all'avanguardia per l'epoca. 
Ma in particolare, e in conclusione, ne sottolinea una: la dimensione della 'bellezza' (prodotti 'belli' e situazioni di lavoro altrettanto 'belle').
Il modello Olivetti non era certo perfetto: come ogni cosa fatta da uomini. Ma era vicino alla perfezione. C'era un 'anelare', dice Varchetta.

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«Dare una risposta a qual è il senso del'organizzazione è un fatto urgente, strategicamente ineludibile.
Occorre un patto felice, fecondo, florido fra azienda e collaboratori tutti. Se non c'è questo patto, saldo, i risultati non possono essere raggiunti. Perché oggi i risultati non dipendono dalla tecnologia, non dipendono dalla strategia, non dipendono da scelte finanziarie, non dipendono da altre variabili: dipendono soprattutto dal bagaglio di conoscenze e di capacità innovativa, creatività, servizio, qualità che l'azienda sa elaborare. (...) Olivetti è stato un esempio straordinario. (...)

«Due valenze della bellezza.
La prima. La bellezza è un impulso creativo, e non depressivo e paranoide, rispetto al vissuto umano della 'limitazione' (viviamo per un tempo limitato) che è volto a convincerci che ogni gesto che stiamo per compiere possa essere l'ultimo gesto che stiamo per compiere: per cui valga la pena di farlo al meglio.
La seconda. Il management dovrebbe preoccuparsi che anche gli altri (le persone 'dipendenti') abbiano la possibilità di fare questo. Cura del sé e cura degli altri. (...)

Nessuno oggi riflette sul fatto che il contratto precario toglie al management la responsabilità della valutazione. Perché il giudizio non è più necessario. Lo dà il contratto. (...)

Ma perché il lavoro deve essere necessariamente doloroso? Perché non si può fare un salto manageriale degno del tempo che viviamo? La responsabilità sociale dell'azienda finisce nel pagare le tasse e osservare le leggi, o può andare oltre?» (Giuseppe Varchetta, dal video)

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