mercoledì 15 luglio 2015

#RITAGLI / Laurea, no all'abolizione del valore legale del titolo (Salvatore Settis)

[D: Perché va ancora difeso il valore legale del titolo di studio?]
A volerlo abolire sono i sostenitori di un mercato totalmente liberalizzato. Senza un riconoscimento pubblico, prevalgono inesorabilmente concorrenza, libero mercato, legge del più forte. Negare che la sanzione statale rende valido un titolo di studio spalanca le porte a cinquant’anni di caos. E’ giusto snellire la burocrazia legata a esami, abilitazioni e concorsi, anche perché è assurdo che per alcuni mestieri ci sia un ordine professionale e per altri, come per noi archeologi, no. Però un riconoscimento pubblico, oggettivo della validità del percorso di studi è stata una conquista democratica. Va difesa dagli attacchi come questo». 

[D: Cambiare è sbagliato?]
Si possono correggere le storture ma senza avvicinare il momento in cui si dirà che l’università pubblica non va più finanziata dallo Stato. Così la scala di merito la determinerà solo il mercato. Si scardina il sistema universitario e prima che la competizione funzioni serviranno decenni. Con danni incalcolabili per il sistema Paese. 

[D: Gli atenei sono a rischio?]
Il pericolo è che chiunque abbia soldi e protezioni politiche possa improvvisarsi, mettere in piedi un ateneo e poi distribuire lauree. Con la menzogna che poi sarà il mercato a decidere chi vale e chi no. Basta uno studio comparato in Occidente per vedere che una simile giungla non c’è da nessuna parte. Esempi allarmanti non mancano: in una palazzina di sua proprietà a Villa San Giovanni, in Calabria, l’insegnante di un istituto tecnico ha istituito quattro corsi di laurea, medicina inclusa e per poco non ha pure ottenuto l’autorizzazione ufficiale.

*** Salvatore SETTIS, 1941, archeologo e storico dell'arte, già presidente del Consiglio superiore dei beni culturali, oggi presidente del consiglio scientifico del Louvre, intervistato da Giacomo Galeazzi, gia.gal, "Ma riconoscere lo stesso punteggio è vera democrazia", 'La Stampa', 4 luglio 2015, qui

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