sabato 11 aprile 2015

#SPILLI / Ormai siamo al 'non-pensiero' (M. Ferrario)

«E' un buon periodo o un pessimo periodo questo?»
La domanda se la pone un 'blogger' che si qualifica 'formatore, coach e consulente', e la risposta, almeno per lui, è scontata: condensata alla fine di un breve articolo di cui consiglio la lettura (qui).

Una lettura che costa tre minuti di tempo e si è ripagati dalla conclusione. Consolatoria: un'epoca come questa, «così piena di opportunità, non è mai esistita e quindi godiamocela».
L'analisi (ma il termine è benevolo) non supera le venti righe e tocca (ben) '3-punti-3': corruzione, meritocrazia, crisi economica.
Il motivo conduttore, per ogni punto, è: "sì, è vero, le cose non vanno bene, ma sono sempre andate così. Se vanno male, è la natura umana e non possiamo farci nulla. Dunque, teniamocele".
Incredibile. Ma leggere per credere.

Potrebbe essere l'ennesimo esempio di 'pensiero positivo'. 
Ma qui siamo oltre. Per evitare anche solo lontanamente un pensiero che faccia riflettere sulla realtà, qui si vola addirittura nel 'non-pensiero'.
Verrebbe da dire, in sintonia con l'autore, che anche il 'non-pensiero' è una caratteristica che non abbiamo scoperto noi oggi: c'è sempre stata, e quindi teniamocela.
Naturalmente anche questa sarebbe una conclusione quanto meno da problematizzare. 
Ma già il verbo 'problematizzare', se fosse ancora conosciuto al di fuori della stretta cerchia di qualche vetero residuato ideologico come me, intristisce: quindi dimentichiamolo, se no ci deprimiamo, e viva la spensieratezza. 
E poi, perché inquietare tutti quelli che amministrano posizioni di potere, nella società, in politica, nelle imprese, e, al di là della retorica con cui da sempre amano cialtroneggiare, aspirano a 'comandare sudditi', anziché a 'servire cittadini'?

Non avrei scritto neppure mezza riga se l'autore, in buona compagnia peraltro con tanti simili che condividono simili 'non-visioni', non si dichiarasse un professionista della formazione. Uno che dovrebbe aiutare le persone, magari anche attraverso quello che un tempo si chiamava 'analisi di realtà', a migliorare conoscenze, competenze, abilità. Favorendo processi di crescita. E, oibò, visto che l'inglese piace sempre in certi ambienti, forse pure a sviluppare processi di empowerment: per organizzazioni e persone.
Ma da troppo tempo è di moda una formazione, volatile e sorridente, che pare abbia come unico spauracchio quello di impegnare la testa.
E' il 'fuffismo', bellezza. Ma per chi non ama la fuffa non è una bellezza.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

Sempre in questo blog, in tema di 'pensiero positivo':

#Ritagli, Pier Aldo Rovatti, Pensiero positivo e pensiero critico 
8 aprile 2015, qui
#Spilli, M. Ferrario, Pensiero positivo e pensiero cretino
14 febbraio 2015, qui
#Società, M. Ferrario, Felicità coatta e pensiero positivo
18 gennaio 2015, qui




3 commenti:

  1. Piú di due secoli fa ce ne fu un altro di similprofessionista della formazione che istruiva e narcotizzava i giovani "candidi" sulle magnifiche opportunitá offerte dal "migliore dei mondi possibili" : si chiamava Pangloss e l'etimo del nome mi sembra giá che definisca chiaramente l' approccio "formativo", che poi é quello dei " tuttologi va ben"...Se questo é il livello, mi tocca parafrasare il detto di un famoso barbuto e dire che "la formazione é l' oppio dei popoli ".

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  2. Concordo, Paolo.
    Ma fammi precisare: se la formazione può essere l'oppio dei popoli, può anche non esserlo.
    Dipende. Da chi la eroga. Da come viene intesa.
    Perché 'formazione', nella sua definizione originaria ed essenziale, significa esattamente il contrario.
    Significa insegnare/acquisire 'pensiero critico'. E mettere in discussione 'la marchesa' e la sua realtà: che in genere va bene alla marchesa e ai suoi sodali, più o meno nobiliari, ma non necessariamente va bene agli altri.
    Intendiamoci: non sto facendo una difesa 'corporativa' di un mestiere che ho esercitato per decenni (insieme con quella minima minoranza intensa di colleghi che esiste ed è accomunata da una visione ben lontana dall'oppio). Sto solo cercando di ricordare, a me oltre che agli altri, contro un andazzo ben reso dall'articolo (emblematico) che ho preso a pretesto, che formazione è (può essere, deve essere) una cosa seria. Per vivere (e con-vivere) al meglio. E per convivere al meglio dentro organizzazioni di lavoro che funzionino meglio di come troppe (non) funzionano.
    Ma so che anche su questo non siamo discordi.

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  3. Naturalmente concordo ed aggiungo che mai come in quest'epoca cosí affollata di "maîtres de ne pas penser" si é avvertita la necessità che il ruolo del formatore sia presidiato (presieduto?) da professionisti seri, che facciano da incubatrici di idee per con-vivere in azienda e nei rapporti sociali, e non da guitti d' avanspettacolo buoni per tutte le conventions. Mai visto tanti comici in aula come in questi anni! Dalle aule parlamentari a quelle aziendali, e tutti "ammaestrati" a puntino, molti pure "ammasterati" in fantasiosi corsi post-bocconiani da 10000 € la sessione estiva. La comunicazione, la comunicazione divertente é il mantra, il passatempo spacciato per "brain storming" quando non c'é proprio niente da "stormire", perché la narcolessia ha giá operato. Lunga vita a quella minima minoranza intensa che resiste all' avanzata degli oppiacei !

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